inserito 26/01/2011

Mauro Ferrarese - Wounds, Wine & Words  [Mauro Ferrarese  2011]  
Napoli Urban Folk -
Anema 'Nquieta  [Indys  2010]
The Blues Collective - Panic Attack  [Drycastle records  2010]


"There's nothing in my mailbox and all lines are down": non c'è niente nella mia cassetta postale e le linee non funzionano. E' un verso della splendida Soul Train, pezzo tratto dall'ultimo disco di Mauro Ferrarese ("registrato a casa mia nel 2010", recitano le note; grande.); abbiamo apprezzato quest'artista in più di un'occasione, sin dal suo esordio discografico (avvenuto un decennio fa), per la sua schiettezza e per la sincerità con cui si fa portavoce di un linguaggio originario, rinfrancante. Lo abbiamo apprezzato di recente pure alle prese con altre gemme della tradizione in mano a Veronica e ai suoi Red Wine Serenaders. La "Soul Train" cui abbiamo accennato prima, non ha la frenesia dei Memphis trains di memoria Stax; piuttosto è una amara ballata alla Son House, non meno sostenuta, ma che ci racconta come ancora le emozioni viaggino in maniera analogica, tramite i postini dell'anima o le linee telefoniche che, più che rotte, sono occupate da quel Jesus, spesso "on the mainline". Wounds, Wine & Words è un disco carico di emozione, dell'emozione di Frontdoor Blues e del pathos di Blue Partner, di quel carico umano che filtra attraverso la passione dell'artista per il blues delle origini, back to the 30's. Mauro Ferrarese conosce a menadito la vicenda dei vari Son House, dei reverendi, di Willie Johnson, delle dodici battute, ora sacre, ora profane, dipende dalla situazione, conosce il brivido di un bottleneck che percuote le corde; ha condotto queste storie per strada durante tutto il suo percorso artistico; ed è capace di filtrare le "sue" storie attraverso questa esperienza musicale. Come We're All Alive e Earthquake, "nate durante una visita ai suo amici de L'Aquila". Non è facile non rimanere dolcemente incantati dalla bellezza della semplicità di brani come Santo Cielo, e 1 Thing, così come dalla bravura di Mauro nel ragtime 26th April; non è facile non rimanere emozionati da She Said o dalla forza del banjo in Heaven. Molto bello. (  7)
(Roberto Giuli)

www.myspace.com/mauroferrarese

Singolare e significativa realtà Made in Italy, ma paradossalmente di importazione. Il progetto Napoli Urban Folk nasce attorno a the Point (Pennsylvania), il luogo dove i fiumi Allegheny e Monongahela confluiscono a formare il fiume Ohio, uno dei principali affluenti del Mississippi. Punto di partenza è Napoli, punto di arrivo Pittsburgh, cittadina americana in cui da tempo si è trasferito Antonio Lordi, artefice dei Napoli Urban folk, dotato e sconosciuto cantautore partenopeo. Antonio Lordi compone, suona e canta le sue canzoni con un'innata ispirazione di altri tempi. Il suo nuovo album Anema 'Nquieta brilla di freschezza e di poesia, un lavoro intenso che mescola la canzone d'autore italiana e partenopea con il calore pungente della tradizione blues e folk d'oltreoceano. Antonio Lordi, se sulla carta appare del tutto nuovo e acerbo, non lo è dal punto di vista compositivo, con all'attivo più di cento canzoni e due album. Dopo la pubblicazione del primo album "Niro Niro" (2007), in cui sonorità mediterranee sposano le atmosfere latine di Veloso, mescolate sapientemente tra jazz e folk (importante la partecipazione attiva al basso del venezuelano Layo Puentes e del messicano Lucas Savage ai tamburi), ci giunge il lavoro intimo di Anema 'Nquieta in cui emergono le influenze della canzone d'autore italiana (Bennato, De Gregori e Fossati) e il Blues, spirito e struttura (e qui Antonio cita Sonny Boy Williamson, Little Walter e Howlin' Wolf). Antonio Lordi ha ancora nel cuore la città di Napoli che cerca di esorcizzare attraverso il blues metropolitano della apprezzatissima title track, intenso e arrabbiato manifesto di una città che offre solo il suo triste disagio. I testi sono il punto forte del progetto Napoli Urban Folk e l'amore è lo snodo tematico ad ogni accordo, ad ogni lirica che anche su un tappeto di note anonime affiora con convinzione, baciata da una continua e riuscita ispirazione. Antonio canta rispettando il napoletano, in cui gli riesce sicuramente meglio ('A Guerra è Guerra e Guagliò) rispetto al corto blues in chiusura Zalameh interpretata in Inglese; il tutto sempre in armonia con un repertorio in equilibrio con brani come Làssala, in chiave Veloso mediterranea, episodi che per semplicità sanno di buono. Il risultato è promettente e illumina il talento interpretativo di un'artista che ha tutte le carte in regola per decollare da un momento all'altro. Disponibile su Amazon.com. (  7)
(Antonio Avalle)

www.myspace.com/napoliurbanfolk

L'Italia del blues si affida spesso a stilemi noti ai più, definendo una formula che poco o nulla ha di originale, se non l'esecuzione di un repertorio personalizzato, ma riproposto "nello stile di". Così questo "collettivo blues", che suona molto accademico persino nel nome, riporta nel disco una decina di tracce a maggioranza cover, in una rilettura dall'approccio molto chitarristico e "vaughaniano", sebbene lontano negli originali dall'ambito prettamente blues (a parte How Long Blues di Leroy Carr, stavolta modernizzata in chiave unplugged). Tre sono invece i brani autografi tra i quali I've Got A Panic Attack da cui il titolo del presente cd, Panic Attack, col quale Maurizio "Bozorius" Bozzi (bassista e cantante), Sauro Balducci (chitarre) e Mauro Giorgeschi (batteria) hanno vinto persino l'edizione 2010 del concorso Pistoia Bluesin', e suonato al Pistoia Blues. Ora, è noto quanto negli ultimi anni Pistoia Blues estenda il discorso blues a molti altri ambiti in un concetto di musica totale, ma se da un lato la cosa potrebbe essere divulgativa, dall'altro arriva un certo punto in cui non sarebbe poi così difficile confondere le acque. A metà stanno proprio i gruppi come The Blues Collective, che investono nel loro chitarrismo di matrice texana dall'(ennesimo) attacco molto rock, abbinato ad acustiche rivisitazioni "senza spina" (nell'ottica che tale classificazione ha fatto assumere alla musica acustica ai tempi di MTV) con l'invece più originale Locomotive Breath dei Jethro Tull, per esempio, a fronte di un più anonimo intervento sul brano di L. Carr di cui sopra. Nel mezzo quindi, di nuovo Neil Young (On The Beach; Vampire Blues), Frank Zappa (Penguin In Bondage) e persino Personal Jesus dei Depeche Mode o Forget Her di Jeff Buckley, in un discorso che "esce dalla porta e rientra dalla finestra", motivo (cioè) per il quale una commistione di generi (dal rock al blues e viceversa) potrebbe apparire sì (come affermato prima) un bel melange di musica totale, ma anche confonderne l'identità di una band che ha scelto forse la forma (il linguaggio, i fraseggi, gli stilemi) ma non i contenuti (le canzoni, il repertorio, gli autori). Fatto salvo l'incipit, che parla chiaro e favorisce i documenti di una band che stavolta è ancor di più "rock collective". (  6)
(Matteo Fratti)

www.myspace.com/bluescoll


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