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inserito
19/02/2010
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Che la musica di Bruce Springsteen occupasse un posto molto speciale nel
cuore di Lorenzo Bertocchini era evidente sia dall'ascolto dei
suoi lavori di studio, sia soprattutto dalle sue esibizioni dal vivo con
o senza i fedeli Apple Pirates. Seppure per nulla rinchiuso in un ghetto
da piccolo blue collar hero (la varietà di stili e il piglio fra New Jersey
e South West di Uncertain Texas e Whatever Happened Next dimostravano
esattamente il contrario), il musicista varesino ha sempre onestamente
riconoscuto le proprie ispirazioni e una dipendenza da un immaginario
rock che ben conosciamo. Non sorprende dunque vederlo alle prese con questo
omaggio intitolato Hearts of Stone, sedici cover del Boss
e una dedica finale (l'autografa Hey Bruce)
che forse servono allo stesso Bertocchini per fare ordine nelle sue passioni.
Bisogna insomma partire dall'idea che queste canzoni siano state registrate
innanzi tutto per un "amico", per un compagno che ha scritto la colonna
sonora della tua vita senza rendersene conto, come tutti i grandi artisti
hanno la forza di fare. Bruce Springsteen rappresenta sopratutto questo
per Lorenzo Bertocchini, che lo spiega con affetto nelle stesse note interne
del nuovo cd: una rivelazione, una guida, l'unica ragione per cui Lorenzo
ha deciso di prendere in mano una chitarra la prima vota che sentì Bobby
Jean alla radio. Da qui a pensare che Hearts of Stone sia un disco necessario,
in special modo per gli estimatori dello stesso Springsteen, ce ne passa,
anche se l'onestà di Bertocchini si è palesata nel non inseguire un modello
impossibile, ma piuttosto nell'adattare una scaletta su misura del suo
stile. La voce è infatti decisamente più sussurrata, intima e folkie,
non possiede (come potrebbe altrimenti) il carisma a il sacro fuoco soul
dell'originale. Ecco allora Used Cars
e Factory, Meeting
Across The River, Incident On 57th
Street (con l'ospite Erin Sax Seymour) e The
Angel (duetto con l'amico Elliott Murphy), declinate
per chitarre acustiche, organo e piano (Luca Fraula e Roberto Maschiocchi
ai comandi) in una atmosfera generale che viaggia in direzione di una
ballata morbida e rootsy (molto efficace in tal senso
Ricky Wants A Man Of Her Own), a tratti un po' crepuscolare.
La formula funziona, anche quando ci sono di mezzo Sherry
Darling e Working On The Highway,
per forza di cose più scalpitanti. Certo, non si tratta di versioni "definitive"
ma Bertocchini ha mostrato se non altro il sentimento (e l'intelligenza)
di scovare canzoni poco abusate, alcune davvero peculiari: avrebbe soltanto
giovato una sintesi maggiore (troppe diciasette tracce), ma Hearts of
Stone è figlio della passione e non del calcolo.
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