inserito 14/05/2010

Sergio Marazzi
This Man
[Sergio Marazzi/ Catskill  2010]



A dieci anni da quella che fu una delle più interessanti meteore del rock'n'roll di matrice americana in Italia, i BlueBonnets, Segio Marazzi riprende i fili della sua passione musicale intrecciandola con un percorso di vita assai personale. This Man è una ripartenza che, senza rinnegare il passato, prende sicuramente le distanze dai ricordi della sua precedente formazione: un'occasione perduta quella dei BlueBonnets, che insieme ai primi Cheap Wine, ai Satellite Inn, ai Groovers e ad altri outsider nostrani tracciavano - con un misto di convinzione, ingenuità e un affetto infinito per alcuni suoni americani della provincia - la via italiana all'allora nascente linguaggio alternative country o roots rock che dir si voglia. Da quel sentiero This Man non si discosta in maniera netta, semmai lo declina secondo una sensibilità più cantautorale, come è giusto che sia per un'opera firmata in prima persona e che contiene liriche strettamente private, oserei dire intime ma nella migliore accezione possibile.

La fine di un matrimonio, la ricerca di un nuovo amore, il rapporto con il figlio, ma anche una ritrovata fede nell'impegno civile e una speranza che sembra fare capolino tra la malinconia amara di alcune canzoni: i testi di Marazzi si appoggiano ad immagini semplici e ad una scrittura universale che può sembrare al primo istante fragile o a tratti scontata, invece risulta la via più diretta per sostenere il mood del disco. L'unico difetto qui è proprio l'insistenza su una lunga sequenza di ballate e tempi medi che sulla distanza tendono ad appiattire eccessivamente la ricetta di This Man. Alle spalle un folk rock da strada, che si tinge di echi springsteeniani (d'altronde i BlueBonnets erano partiti dal tributo italiano alle canzoni del Boss, For You, nel lontano 1998) e sfiora qualche timbro soul nell'interpretazione: il set predisposto per l'occasione con la band (Federico Pozzi al basso, Umberto Pantano alla batteria) è molto esplicito sin dal tritico iniziale, con This Man, I Wish it Never Ends e There's Got to be a Land, sorta di riassunto delle diverse pulsioni all'interno del songwriting di Sergio Marazzi.

C'è da una parte la sua anima messa a nudo nei testi e dell'altra un sound che guarda all'America e ai sogni (complici anche le ottime chitarre dagli orizzonti "desertici" di Antonio Gramentieri, ospite in molti episodi). Riferimenti che si ripetono e si dispiegano sia nei momenti più raccolti e acustici (forse i più efficaci, giudicando il sentimento dell'autore) quali It's the Walk that Makes the Road, Smell of Change e la dolce A Bright New World, sia in quelle ballate che si tingono di un folk elettrificato (l'armonica e l'organo vibrante che sferzano Just a Minute More). Peccato dunque per la scelta, consapevole e cercata dallo stesso Marazi con il produttore Gaetano Ambrosiano, di un suono il più possibile "imperfetto" e scarno: l'assenza di un mastering adeguato fa perdere profondità ad alcune parti strumentali, così come la decisione di eccedere un poco sui riverberi (voce e chitarre soprattutto) riporta a volte verso un rock delle radici rimasto ancorato a certe conquiste del passato. L'importante per Sergio Marazzi forse è essersi ritrovato "sulla strada".
(Fabio Cerbone)

www.sergiomarazzi.it
www.myspace.com/sergiomarazzi2


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