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Sergio
Marazzi
This
Man
[Sergio Marazzi/ Catskill 2010]
 
A dieci anni da quella che fu una delle più interessanti meteore del rock'n'roll
di matrice americana in Italia, i BlueBonnets, Segio Marazzi riprende
i fili della sua passione musicale intrecciandola con un percorso di vita
assai personale. This Man è una ripartenza che, senza rinnegare
il passato, prende sicuramente le distanze dai ricordi della sua precedente
formazione: un'occasione perduta quella dei BlueBonnets, che insieme ai
primi Cheap Wine, ai Satellite Inn, ai Groovers e ad altri outsider nostrani
tracciavano - con un misto di convinzione, ingenuità e un affetto
infinito per alcuni suoni americani della provincia - la via italiana
all'allora nascente linguaggio alternative country o roots rock che dir
si voglia. Da quel sentiero This Man non si discosta in maniera netta,
semmai lo declina secondo una sensibilità più cantautorale, come è giusto
che sia per un'opera firmata in prima persona e che contiene liriche strettamente
private, oserei dire intime ma nella migliore accezione possibile.
La fine di un matrimonio, la ricerca di un nuovo amore, il rapporto con
il figlio, ma anche una ritrovata fede nell'impegno civile e una speranza
che sembra fare capolino tra la malinconia amara di alcune canzoni: i
testi di Marazzi si appoggiano ad immagini semplici e ad una scrittura
universale che può sembrare al primo istante fragile o a tratti scontata,
invece risulta la via più diretta per sostenere il mood del disco. L'unico
difetto qui è proprio l'insistenza su una lunga sequenza di ballate e
tempi medi che sulla distanza tendono ad appiattire eccessivamente la
ricetta di This Man. Alle spalle un folk rock da strada, che si tinge
di echi springsteeniani (d'altronde i BlueBonnets erano partiti dal tributo
italiano alle canzoni del Boss, For You, nel lontano 1998) e sfiora qualche
timbro soul nell'interpretazione: il set predisposto per l'occasione con
la band (Federico Pozzi al basso, Umberto Pantano alla batteria) è molto
esplicito sin dal tritico iniziale, con This
Man, I Wish it Never Ends e
There's Got to be a Land, sorta di
riassunto delle diverse pulsioni all'interno del songwriting di Sergio
Marazzi.
C'è da una parte la sua anima messa a nudo nei testi e dell'altra un sound
che guarda all'America e ai sogni (complici anche le ottime chitarre dagli
orizzonti "desertici" di Antonio Gramentieri, ospite in molti episodi).
Riferimenti che si ripetono e si dispiegano sia nei momenti più raccolti
e acustici (forse i più efficaci, giudicando il sentimento dell'autore)
quali It's the Walk that Makes the Road,
Smell of Change e la dolce A
Bright New World, sia in quelle ballate che si tingono di un
folk elettrificato (l'armonica e l'organo vibrante che sferzano Just
a Minute More). Peccato dunque per la scelta, consapevole e
cercata dallo stesso Marazi con il produttore Gaetano Ambrosiano, di un
suono il più possibile "imperfetto" e scarno: l'assenza di un mastering
adeguato fa perdere profondità ad alcune parti strumentali, così come
la decisione di eccedere un poco sui riverberi (voce e chitarre soprattutto)
riporta a volte verso un rock delle radici rimasto ancorato a certe conquiste
del passato. L'importante per Sergio Marazzi forse è essersi ritrovato
"sulla strada".
(Fabio Cerbone)
www.sergiomarazzi.it
www.myspace.com/sergiomarazzi2
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