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inserito
26/05/2005
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"Local Rocking Band":
sono gli stessi Miami & the Groovers, con l'umiltà tipica
dei rockers cresciuti in provincia, a definirsi in questo modo, in una
delle canzoni più spiritose che compongono il loro brillante esordio,
Dirty Roads. C'è un'intero immaginario dentro questo
disco, quello che abbiamo imparato tutti ad amare incondizionatamente
nel corso della nostra crescita musicale. Non fanno mistero delle proprie
passioni questi ragazzi riminesi e tutto ciò depone a loro favore.
Ma non c'è solo sudore e trasporto in queste undici tracce: sarebbe
riduttivo e ingeneroso nei confronti di un prodotto che, seppure ancorato
fortemente ai modelli americani, al rock'n'roll da strada e ai santini
di Springsteen, si offre in tutta la sua spontaneità, con una cura
dei dettagli che non lascia indifferenti. Dirty Roads è figlio
di una via maestra del rock made in italy, quella che dai Rocking
Chairs di Graziano Romani non ha mai mollato, macinando chilometri sulla
strada. Dopo qualche anno di rodaggio come cover band, i Miami & the
Groovers hanno deciso di fare il grande salto. E ne sono usciti a pieni
voti, sentendo i risultati. Un lavoro di autoproduzione coi fiocchi, e
non è così scontato dalle nostre parti, sonorità
calde nel solco della più fiera tradizione blue collar rock, ribadite
dalla presenza di Joe D'Urso come ospite dell'autografa Waiting
for Me. Chitarre (Lorenzo Semprini, anche voce solista, e Roberto
Verzelli), organi e pianoforte (Alessio Raffaelli), sax (Claudio
Giani) e persino sfumature roots nell'uso di violino (Wilmer Massa),
fisarmonica (Ivan Barbari) e mandolino (Alessandro Spazzoli):
il rock'n'roll operaio della band si colora di radici, spaziando dal rombante
timbro urbano di Rock'n'roll Night al border della dolcissima Tears
are Falling Down, duetto tra Semprini e l'ospite Marino Severini
dei Gang. In mezzo un universo fatto di chitarre alzate al cielo e
anche tante ingenuità, ma con una credibilità che non può
essere messa in discussione. La voce di Lorenzo Semprini manca spesso
della rauca spinta soul che richiederebbero canzoni come Highway,
Walk in The Light e Hard Times (un titolo che dice molto
dell'immaginario dei Miami & the Groovers), enfasi rock urbana fino
al midollo e un briciolo di carica proletaria alla John Mellencamp. Sopperisce
in ongi caso la cura degli arrangiamenti: il violino in Back in Town;
il piano struggente e malinconico che accompagna Lost, uno degli
episodi migliori anche a livello lirico; la già citata poesia roots
di Tears Are Falling Down, con una fisa che ci trasporta sul confine messicano.
Non so se i Miami & the Groovers avranno la voglia o l'incoscienza
di andare oltre i propri modelli dichiarati - la cover di Further On
(Up the Road), seppure suggestiva nella scarna veste per chitarre
e organo, resta solo un abbozzo - ma hanno tutte le qualità tecniche
e le potenzialità per crescere. Sono solo all'inizio e non se la
cavano affatto male |