La valigia di Jimmy Ragazzon contiene quasi quarant'anni di passione per
la musica e la strada, per un immaginario fatto di poesia folk e rivoluzione rock,
e non a caso nel centro del libretto di SongBag appaiono le dediche
con autografo ricevute personalmente da Allen Ginsberg, Peter Orlowsky, Judith
Malina e Fernanda Pivano. Sono suggerimenti che aiutano a comprendere meglio la
natura del disco, le sue tematiche, spesso autobiografiche e scure, ma anche attraversate
da una sensibilità sociale e umana che affronta con semplici versi la condizione
del mondo attuale (l'immigrazione in Dirty Dark Hands, l'esclusione e la
povertà in Evening Rain).
Poi c'è la musica: e non è una sorpresa
che sia impastata delle radici del country e del folk blues americano, che sappia
soprattutto di "legno", come sottolinea lo stesso Jimmy Regazzon, tanto da inserire
una simbolica foto di una catasta di ceppi all'interno del booklet. Album acustico
dunque, in presa diretta, questo solista della voce dei Mandolin' Brothers, in
uscita libera con dieci brani che non si discostano in fondo dalla matrice Americana
che guida anche il suo principale gruppo di riferimento, ma che acquisiscono chiaramente
un tono più intimo. Strumenti che echeggiano bluegrass e country rurale da una
parte, voci dalle inflessioni gospel blues dall'altra, SongBag è un'opportunità
per ritrovarsi con molti amici di nuova e vecchia data, tutti desiderosi di portare
un pezzo del loro talento nella riuscita dell'opera.
Il lavoro pare ineccepibile,
a cominciare dal compagno musicale più coinvolto, Marco Rovino, chitarra
dei Mandolin' Brothers che qui condivide arrangiamenti e canzoni, firmando in
coppia 24 Weeks e Dirty Dark Hands.
Ma sono presenti anche la sei corde blues di Maurizio Gnola in Going Down,
il banjo di Jono Manson, il bravissimo Paolo Ercoli al dobro, e naturalmente altri
pezzi sparsi dei Mandolin' Brothers come Riccardo Maccabruni all'accordion e Joe
Barreca al contrabbasso, così' come il violino di Chiara Giacobbe. Gli ultimi
due partecipano alla cover di Spanish is The Loving Tongue
di Bob Dylan, che per chi conosce la storia di Jimmy Ragazzon non apparirà
affatto una scelta dettata dal momento (tutto il chiacchiericcio intorno al Nobel),
semmai la conferma di un amore musicale dichiarato che dura da una vita. Insieme
alla notevole riproposizione di The Cape,
a firma Guy Clark e in ricordo di un immenso songwriter scomparso quest'anno,
è uno dei due episodi non originali di SongBag, ma perfettamente inseriti nel
clima dell'album, per sensibilità e suono.
Un suono che echeggia proprio
i dischi dell'ultimo Guy Clark, o che potrebbe riportare al John Hiatt di 'Crossing
Muddy Waters', quella sorta di asciutto country d'autore riflesso nei toni rustici
di D Tox Song, Evening Rain e Old
Blues Man, toccando un piccolo equilibrio di magia acustica in Sold,
tra i passaggi più ispirati a livello strumentale, con tabla e tampura a offrire
coloriture esotiche e la weissenborn guitar suonata dall'ospite Roberto Diana
(Lowlands).
Jimmy Ragazzon si dimostra così un ottimo catalizzatore di
amicizie e passioni condivise, giostrando tutti i partecipanti attorno all'idea
spartana di SongBag, che doveva essere e così è stata una raccolta di canzoni
e ricordi personali: la sua voce inciampa raramente e convince proprio per il
modo in cui si espone, raccontando di errori e frustrazioni. Non inganni infatti
la qualità luminosa e acustica degli strumenti, SongBag è un disco
con un cuore blues sofferente ma mai piegato, come lascia intendere il finale
di In a Better Life.