inserito 06/11/2010

Salvo Ruolo- Vivere ci stanca  [Salvo Ruolo  2009]  
Cesare Carugi -
Open 24 Hrs  [Cesare Carugi  2010]
Stefano Frollano - Sense of You  [Stefano Frollano  2010]
Miss Fraulein - The Secret Bond  [MK / Indipendead  2010]


Una spiazzante sorpresa questo Vivere ci stanca (bellissimo titolo che adombra l'anima della musica stessa contenuta nel disco) di Salvo Ruolo, raccolta di ballate livide, a tratti persino disturbanti, che propone coraggiosamente un approccio "deviato" e originale alla canzone rock classica. Già animatore di diversi progetti a più mani, tra cui Formelese e Noybas, Ruolo propone dieci episodi (e una traccia fantasma) che sembrano calarsi negli anfratti più scuri e torbidi dell'animo umano, con parole secche, immagini crude e un canto straziante che sfiora il talkin' più che la vera e propria interpretazione vocale. La atmosfere scelte per ammantare questo tipo di scrittura così "spietata" sono l'arma vincente dell'album, prodotto da Antonio Gramentieri (Slummers, Cortez e mille altri progetti) e suggellato dalle chitarre desertiche di quest'ultimo, che fra echi e feedback stranianti conducono Vivere ci stanca nei territori di certo rock americano "di frontiera", tra la polvere dei Giant Sand e le risonanze di quello che fu il Paisley Underground (diverse le suggestioni che affiancano la musica di Ruolo al Chris Cacavas solista, si veda un episodio quale Depurazione), oppure di un suono che lambisce persino l'elettricità bluastra di certo grunge d'epoca (Memorie underground, Forme Lese). Si tratta di un fascino comune, sia ben chiaro, lo stesso che ci porta verso la scrittura sghemba di Howe Gelb in Capovolti o nell'ammaliante riverbero alternative-country di Notte d'inganni, ma nulla toglie alle qualità peculiari di Salvo Ruolo, capace di trascinarci nei lunghi otto minuti della ballata "dylaniata" Parlami del mare, o ancora nel sinistro, sanguinante palpitare di Bangkok blues, tra una slide di sottofondo e il ritmo soffuso della band (completata tra gli altri dal basso di Rigo Righetti, ex Rocking Chairs, dalla batteria di Denis valentini e dalle prcussioni di Diego Sanipoli). Denso e scarno, chiede attenzione per essere assimilato, (  7.5)
(Fabio Cerbone)

www.myspace.com/formelese

Recensire un disco che ci annovera nei ringraziamenti non è esattamente la prassi, per cui giochiamo a carte scoperte: Cesare Carugi lo abbiamo conosciuto qualche anno fa come appassionato lettore del nostro sito, e oggi lo accogliamo sulle nostre pagine come artista (ci era già finito in occasione della serata tributo a Townes Van Zandt dello scorso anno). Cesare non è uno che ha fretta, ci è voluto lo sprono di un gruppo di artisti che ruota intorno al mondo del duo Massimiliano Larocca-Andrea Parodi per superare la fase di qualche scolastica cover suonata per gli amici, periodo rappresentato da una Open All Night (è la bonus track del Cd) che risulta infatti troppo ricalcata sull'originale springsteeniano (coretti a parte…) per risultare significativa. Invece i quattro brani autografi registrati per questo Open 24 Hrs ci sorprendono, perché seppur lo stile sia ancora "derivativo" (Jackson Browne e Springsteen i riferimenti più evidenti), l'interpretazione non lo è davvero, ed è proprio per la sua ottima voce (con pronuncia inglese impeccabile, e già qui parte avvantaggiato rispetto al 95% dei colleghi italiani), che brani come Carry The Wind Home o Further On riescono ad uscire dall'anonimato di un genere iper-inflazionato. La penna è comunque già ben avviata, e il testo di 24 Hrs è quello di una artista che non si basa solo su clichès consolidati. Certo, la produzione casalinga fa sì che il finale quasi-gospel di Boulevards faccia rimpiangere rifiniture più maestose, ma per ora basta così, il primo vero disco è in cantiere, e questa volta arriverà seguito dalle nostre alte aspettative. Non le deluda. (  7)
(Nicola Gervasini)

www.cesarecarugi.com

Nuovo capitolo "californiano" a cura di Stefano Frollano, che replica le prestigiose collaborazioni del precedente omonimo esordio solista, coinvolgendo in sessione le chitarre di Jeff Pevar e il piano e l'organo di James Raymond. Per un autore (e appassionato) responsabile anche della stesura di volumi dedicati all'avventura di Crosby Stills Nash & Young, giovarsi del supporto di alcuni collaboratori storici di questi ultimi è evidentemente la prova di un forte legame artistico. Un'ispirazione portata con orgoglio alla luce del sole, che si riflette ovviamente in Sense of You, lavoro disseminato di morbida West Coast (la vellutata slide guitar che accompagna la melodia di (She Won't) Fly Away, e ancora Believe, Your Eyes, Memory of Your Love), ballate che fanno di una certa eleganza formale, di un pop rock levigato e persino ai confini dell'easy listening (Chagall's Song, ma soprattutto il singolo The Dance, riproposto come bonus track nella versione "radio edit") il loro tratto distintivo. Registrato tra l'Italia, la California e l'Oregon (negli studi dello stesso Pevar), il disco segna una maturazione e indipendenza di Frollano in qualità di autore, il quale firma tutte le canzoni e si giostra fra chitarre elettriche e acustiche, chiedendo quindi il sostegno di una lunga lista di esperti musicisti italiani, tra cui si distinguono la tromba di Franco Piana e la sezione ritmica formata da Francesco Isola e Marco Vannozzi, oltre alle diverse voci femminili (Gabriella Paravati protagonista nella chiusura acustica di Outro:Hello!) che accompagnano lo stile affettato di Frollano. Qui forse un limite da ravvisare, quanto meno per il nostro personale gusto di intendere certa american music: alcune scelte stilistiche e di arrangiamento (la citata The Dance, la chitarra solista che compare nella stessa Sense of You) appaiono fin troppo "addomesticate", stendendo una patina di eccesiva pulizia sull'intero album. (  6.5)
(Fabio Cerbone)

www.stefanofrollano.com

O voi orfani del grunge, che dalla metà degli anni 90 state ancora cercando disperatamente la nuova Seattle, vi esortiamo a percorrere la Salerno-Reggio Calabria invece che la Interstate 90 per una volta. Non garantiamo la stessa velocità di percorrenza, ma passando da Cosenza potreste scoprire i Miss Fraulein, 5 ragazzi innamorati di un suono tutto chitarre realizzato con grande cura e maturità. Gli elementi tipici del genere ci sono tutti, con la band che si ritrova a cercare gli stessi impasti voci-chitarre degli Alice In Chains (Grown High), qualche riff alla Pearl Jam (Battle On Ice) o qualche ruvidezza alla Soundgarden (In Confidence, quasi una outtake di Badmotorfinger), e al massimo, per divagare sui generi, si potrebbe sconfinare nello stoner-rock alla Kyuss. Ma soprattutto "fa grunge" il modo di cantare un po' posseduto di Giulio Ancora, la chitarra sempre in bilico tra metal e rumorismo alternativo di Aldo D'Orrico, e i testi che ti aspetti da una band che esprime tutto il disagio umano di una città, e forse non solo quella, che sta stretta a tutti. E a ben vedere, persino il divertente video realizzato dall'attore Max Mazzotta (You Know Why) sa di anni 90, con quel gusto tra l'allucinato e il grottesco che ricorda molte cose viste in MTV in quegli anni. Una minestra riscaldata potrebbe opinare qualcuno, ma quando ti fai produrre dal bravo Maurice Andiloro (una vita da sala di registrazione per mille artisti italiani, dagli Afterhours a Vinicio Capossela, fino a nomi grossi come Celentano e Ruggeri), quando comunque ci metti fantasia (lo strumentale The Secret Bond, con la sua guerra tra fiati e sei corde, finisce per essere una delle cose più sorprendenti del disco) e ispirazione (la dark Human Hunter), capace pure che ne esca una minestra sicuramente più buona di quella cucinata da gran parte delle dimenticate (in quanto dimenticabili) band della seconda generazione grunge. (  7)
(Nicola Gervasini)

www.myspace.com/missfraulein


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