Settore Out
fANTASMI
[Fragile dischi 2020]


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File Under: rock d'autore

di Fabio Cerbone (13/07/2020)

Non so in quale direzione stia correndo oggi il cosiddetto "rock italiano", qualsiasi forma abbia assunto o significato possa ancora avere di fronte a un mercato discografico polverizzato, letteralmente esploso in mille direzioni e altrettante contaminazioni. So però quale sia stato uno dei suoi momenti più fecondi, un passaggio verso la piena consapevolezza dei propri mezzi espressivi che ha coinciso, nella prima metà degli anni Novanta, in un incontro fra la tradizione d’autore di casa nostra e gli stimoli elettrici che al tempo si propagavano da New York a Seattle, da Minneapolis a Los Angeles.

Di tutto quel rinascimento di band, di vere o presunte scene, ma soprattutto di dischi importanti, un posto andrebbe riservato anche ai Settore Out, formazione melegnanese con una storia lunga dieci anni e un pugno di canzoni che avrebbero meritato attenzioni almeno pari a quelle di altri protagonisti di quella stagione. Non è un caso che nel loro secondo album, il decisivo Il rumore delle idee, uscito su Black Out nel 1993, avessero ripreso un brano del livornese Piero Ciampi, Andare camminare lavorare, in una frenetica interpretazione da rock industriale. Le loro radici musicali, a partire dall’esordio di Un’altra volta (1990), erano legate a doppio filo con l’esperienza dei cantautori, una sensibilità che sempre più si sarebbe svelata nella successiva carriera solista di Evasio Muraro, voce principale dei Settore Out, ma dall’altra parte emergeva prepotente anche tutta quella tensione e quella sfrontata predilezione per rock e melodia che prendeva spunto dall’America “alternativa” del prima e dopo l’esplosione di Seattle. Fa rabbia pensare che l’equilibrio perfetto fra queste due pulsioni sia stato raggiunto dalla band in fANTASMI (mi raccomando, scritto proprio così) album inedito inciso nell’autunno del 1996 e che ha duvuto attendere la bellezza di un quarto di secolo per trovare una sua edizione definitiva, nella confezione a libretto con testi e foto (quella della band scattata da Guido Harari) che qui ci viene proposta.

Settore Out, 1996 (foto: © Guido Harari)

Un recupero necessario, perché fANTASMI non è solo il disco migliore dei Settore Out, il più maturo e fedele alla loro visione musicale, ma anche una testimonianza di quella vivacità a cui accennavo in apertura. La lingua rock in italiano può dunque essere immediata e cogliere comunque una sorta di tensione latente, che in queste canzoni emerge traccia dopo traccia, una lotta che esprime desideri, speranze, una ricerca di senso, personale e sociale, che risale prepotente nelle ballate elettriche del gruppo, come Soli e Ritorna, che sembrano anticipare in qualche modo quanto Muraro avrebbe raggiunto in anni recenti con dischi come O tutto o l’amore, oppure nelle frustate rock di Tutto il mondo brucia e Non dormire, nella spontaneità di Cosa resta e Vado dove voglio, sulla scia di Soul Asylum e Buffalo Tom, e ancora nell’immediatezza quasi pop di Un po’ malato (Italia di 1000 Lourdes), che grazie al giocoso nonsense del testo potrebbe essere considerato un piccolo classico dimenticato di quel periodo.

Assestati nella forma del quartetto, con le chitarre di Daniele Denti, il basso di Davide Boerchio e la batteria di Fabio Stucchi, musicisti che avrebbero poi continuato negli anni con altre esperienze e progetti, anche di produzione, i Settore Out mettono a frutto un sound livido e rock che non mostra segni di usura del tempo, molto fedele alla loro attitudine stradaiola, e questo rende fANTASMI più di un semplice ricordo, ma un album con una sua dignità artistica ancora attuale. Lo confermano una serie di partecipazioni che ampliano gli arrangiamenti e danno soprattutto la dimensione di una band che allora aveva intessuto una rete di scambi artistici, che avrebbero forse potuto dare ulteriori frutti, chissà. Ci sono naturalmente un sacco di chitarre, comprese quelle del vecchio compagno di viaggio Moreno Zaghi (in formazione nei due precedenti lavori) che compaiono in Vado dove voglio e nei toni da ballad urbana di Scrivo ancora una canzone (anche qui ispirata a versi di Ciampi), i cori di Omar Pedrini (Timoria), che aveva lavorato con i Settore Out alla pre-produzione del disco, ma soprattutto il violino di Tommaso Leddi (Stormy Six). Quest’ultimo accentua con il suo strumento l’irrequietezza di Se, il punto più alto dell’intero fANTASMI, una ballata in tonalità minore che scalcia e freme salendo di intensità, liriche attraversate da un acuto tono esistenzialista e liberamente ispirate da uno scritto di Edda (Ritmo Tribale).

Che si tratti di un “lost album”, o di un’occasione mancata, identifica fino a un certo punto la curiosità e il valore di fANTASMI: si tratta soprattutto di una manciata di canzoni, qui ed ora, ancora vive.
Per informazioni su come reperire il disco: fragiledischi.blogspot.com/2020/06/settore-out-fantasmi.html


    

 


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