A volte i cani danzano sul confine, e gli Sugar Ray Dogs stavolta, sembrano
anche abbaiare a una "luna cattiva". E' un gioco di rimandi questo, qualcosa che
non possiamo scorgere dalla nostra prospettiva, decentrata e periferica d'Italia,
come d'una provincia pavese da cui giungono Ernani "Ray" Natarella e i suoi randagi
al seguito, cioè Alberto Steri alla chitarra e Andrea Paradiso alla batteria.
Ecco allora che quella "bad moon" che ci ricorda i Creedence Clearwater Revival,
lor signori vanno a cercarsela dove sorge davvero: - "..guidi guidi e sei ancora
in Texas.." - come diceva qualcuno, e ce li ritroviamo nientemeno che ad Austin,
prodotti da Paolo Pagetti della Rivertale Productions, alla scoperta di un entourage
che mescola gli umori filmici alla Tarantino alla realtà di un posto dove la musica
potrebbe lavorare a tempo pieno davvero (..si racconta) senza mai uscire dai confini
urbani.
Ma già, quell'ultimo sostantivo calza troppo stretto laddove al
concetto statico di confine è forse preferibile quello mobile di frontiera, e
lo scenario adatto a questa sporca dozzina di border songs (..canzone più, canzone
meno, ma è bello così..) è quello d'orizzonti ambrati sulla stella solitaria,
con una svolta decisiva che vede i nostri sciacquare i panni nel Rio Grande/Bravo
e di lì "..cavalcarono ancora", come quell'immagine evocante Tex e i suoi "pards"
in questa band da "tres hombres". Non soli però, e neppure mal accompagnati, dato
il lancio della produzione in un clip diretto da Teresa Jolie, che ce li ritrova
in un bordello messicano d'ambientazione tex-mex per la hit Mexi-Cola, con la
partecipazione vocale e alle nacchere di Patricia Vonne, sorella del regista
Robert Rodriguez, così come di Rick e Mark Del Castillo alle chitarre spagnole.
E come da tradizione per i nostri, il combo si apre a più ospiti e i polverosi
paesaggi del sud - ovest americano trovano sulla strada persino David Hidalgo
dei Los Lobos in Have You Ever Waited So Long,
ballata stradaiola dagli echi più esplicitamente rock, la voce di Sarah Fox e
la fisarmonica di Joel Guzman per Another Chance,
il brano The Bandit più in linea col tradizionale "ray - dogs" sound. Ma
se Die In Mexico ha compagnie di casa nostra col bassista di Rockin' Chairs
e Ligabue, "Rigo" Righetti, per sonorità ancora in chiave americana, sono i più
fedeli ammiccamenti a umori latini e mariachi dell'intermezzo strumentale Don't
Mess With Billy o il dialogo a più lingue di El Rosario
Y La Navaja a creare gli elementi distintivi e identitari di uno sguardo
maturo, il cui contro-canto in italiano della traccia in chiusura, alle strofe
di Alex Ruiz, lascia aperto un interrogativo per il futuro: prossimo album in
italiano? Carpe diem.