inserito 10/10/2011

Verily So - Verily So  [Inconsapevole Records  2011]  
Desert Motel-
Yarn  [Sofa Recs  2011]

Esordio molto interessante quello dei toscani Verily So, trio del tutto atipico che ruota attorno alla voce di Marialaura Specchia, chitarrista, all'occorrenza batterista alla Moe Tucker e cantante dotata di una voce traditrice, di quelle che in un primo momento appaiono soavi quanto una Hope Sandoval spiritata, ma che acquisiscono spesso i toni spigolosi di una certa Pj Harvey. La seguono Simone Stefanini e Luca Dalpiaz, chitarra e basso e all'occorrenza voce. Il trio attinge a piene mani in un dark-folk che passa dalle parti di Mark Lanegan (Ballad, cantata a due voci, sembra proprio uno dei suoi brani in compagnia di Isobel Campbell) a echi di Mazzy Star (la bella e suggestiva apertura di Wax Mask). Innamorati delle elettriche un po' acide da Paisley Underground anni 80, unite a molto del folk indipendente di quet'ultimo decennio, i tre offrono dieci brani già molto maturi e convincenti, soprattutto nelle costruzioni armoniche (ascoltate il crescendo di Guns On Fire o il bel finale acustico di 15 Years). Tra i loro grandi pregi anche quello di non indugiare troppo con tempi lunghi, permettendo anche a brani dall'incedere lento e ipnotico come When I End And You Start di non perdersi troppo prima dell'esplosione finale, e di saper tenere i ritmi giusti di un rock che a volte appare persino legato alla new wave di fine anni 70 (Will You Marry Me). Manca ancora una produzione che riesca a far sembrare tutti i diversi elementi in campo leggermente meno slegati, ma sul suono e sulla sostanza di questo disco ci si può già scommettere. (  7)
(Nicola Gervasini)

www.myspace.com/verilysomusic



La prima traccia, Paths, segna già il passaggio di stile: ripresa dal loro ep d'esordio del 2007, Out for the Weekend, la canzone cambia pelle e viene arrangiata in una nuova veste, che suona come una sorta di manifesto per l'intero Yarn. Infatti, dalla pasta acustica, di ispirazione indie folk e alternative country che avevamo rintracciato in quel disco, oggi i Desert Motel si spostano sul solco di un rock figlio della scena alternativa americana degli anni '90, tra ballate che si colorano di un pop indolente e risaltano l'impasto delle nervose chitarre elettriche. Insomma, più figli di Pavement, Teenage Fanclub e in parte dei Wilco, se vogliamo un riferimento attuale, piuttosto che discepoli della provincia roots. Un salto avvenuto in maniera del tutto naturale per Cristiano Pizzuti (principale voce della band di Aprilia) e il resto del gruppo, se è vero che la maturità complessiva del disco esce allo scoperto, offrendo un senso di solida omogeneità. Ciò non toglie che vi sia ancora da aggiustare il tiro, sia in fase di produzione, sia soprattutto in quella compositiva, che tende a volte ad adagiarsi troppo sul canto pigro di Pizzuti (stilisticamente adatto come un guanto, ma a tratti ancora un po' da rodare) e sulle trame indie pop, senza uscire da soluzioni già sentite. Ad ogni modo la grana melodica e un po' sognante di Bright Side, Valetine's Gone e Flowers, che sembrano persino guardare con più attenzione alla lezione giunta in questi decenni della sponda inglese, o ancora l'avvolgente struttura di Brugge, Belgium, quintessenza del linguaggio indie rock delle passate stagioni, rappresentano nel complesso il credibile aggiustamento di rotta compiuto della band. La quale chiude l'avventura di Yarn ritrovando la matrice folk in Let It Shine, tenue momento acustico accompagnato da un leggero soffio di archi. (  6.5)
(Fabio Cerbone)

www.desertmotel.it




<Credits>