Achilles Wheel
Thirteen Hours
[
Achilles Wheel Records
2013]

www.achilleswheel.com


File Under: jam band

di Matteo Fratti (04/01/2013)

E' un curioso debutto che ci ritroviamo tra le mani, gli Achilles Wheel, ultimi ma non ultimi tra le cose di questo 2013 appena trascorso. E Thirteen Hours è quello che la band californiana pubblica da un'autoproduzione che mette radici nel 2011, una registrazione di tredici ore, appunto, al Nevada Theater di Nevada City, California. Un concetto che ben si adatta allo spirito jam di questa band da cinque elementi, in un fluente country-rock & blues d'impasto sudista che li vede protagonisti nello scenario musicale della loro Bay Area, assieme ai nomi di spicco del contesto. La resa è allora quella di un disco come fosse un live-show, che è il meglio che si possa fare in un'ottica di tal fatta, improntata allo stile degli Allman e a quanto ponga base nell'idea musicale post-hippie dei Settanta, e che giunge fino a noi nelle band come questa, come se quegli anni non fossero mai finiti.

Un'arma a doppio taglio che a qualcun altro potrebbe apparire ripetitiva, ma che suona invece continuamente rinnovata per definizione, visto che nemmeno i brani autografi delle band in questione erano mai uguali a sé stessi, allorché venissero approntati una seconda volta. Tredici brani in tredici ore quindi, e la ruota di Achille gira senza alcuna superstizione, convogliando i pezzi attorno a un sound chitarristico portante, colonne le composizioni di Paul Kamm (per le tracce dispari…) e di "Jonny Mojo" Flores (..per quelle pari). Ed è proprio nella seconda Down In The Mine di Jonny Mojo che decolla un country psichedelico accentuato da un wha in grande spolvero, per sei minuti in cui non ci sono equivoci quanto a carattere del combo, e anche la battaglia percussiva ingaggiata tra le due batterie di Gary Campus e Mark McCartney porta a compimento la formula, col duro lavoro del basso di Shelby Snow ad arbitrare il duello.

Non si fa neppure attendere la risposta compositiva di Kamm, quando è la sua This Is Life a evadere i sei minuti dell'inaugurale jammin' precedente per gli otto di questa seconda prova d'improvvisazione funky, alla fine di un'altra corsa stellare del complesso. Careless Son sta poi a metà tra le due, scelte in quanto potrebbe essere emblematico di cosa sono gli Achilles Wheel nella loro maggiore libertà espessiva (sono i tre brani più lunghi dell'album), orchestrale intreccio sonoro di chitarre e voci su ritmica decisa. Non mancano pezzi dallo stampo più tradizionale, come le acustiche Comin'Home.. o Slow Train, per definire un responso su di un gruppo dalla chiara impronta derivativa, ma dall'identità precisa e intramontabile nel fare musica.


    


<Credits>