Accantonate le, seppur parziali, velleità solistiche del precedente, peraltro
ottimo, Bend
In The Road, Mark Stuart opta oggi per un nuovo lavoro "di gruppo",
richiamando pertanto a sé gli altri "figli bastardi di Johnny Cash", compagni
di bisbocce, musicali e non, ormai da quasi un ventennio. Una "nuova vecchia storia",
come recita il titolo di questo loro quarto parto collettivo, sapientemente raccontata
grazie ad un songwriting forgiato sì dall'ascolto dell'opera dei propri "maestri",
ma al contempo frutto, stando alle parole dello stesso Stuart, di "un cuore e
di un'anima trasudanti Americana". Affermazione che non teme smentite, perlomeno
ascoltando le dieci nuove, autografe, composizioni qui contenute; dieci piccole
gemme, per l'appunto, di pura Americana, figlie di una vita passata "on the road",
tra periferiche strade blu e sterminate highway.
Una strada alla quale
Stuart e soci hanno deciso di "dare la propria vita", come confessano, con trasporto,
nella distesa country ballad Well Worn Heart,
macinando chilometri su chilometri, sulle note d'una sostenuta Highway
Bound, con sperdute cittadine ed incontaminati paesaggi, a scorrere
veloci al di fuori del finestrino del proprio pick-up. Sembra inoltre aver giovato,
ai nostri, il trasferimento dalla natia San Diego, in quel di Austin, con la polvere
del Lone Star State andata ad attecchire sui pentagrammi tanto di una Leave
A Light On di pura delizia western swing, che nel crooning nasale della
languorosa Ain't No Tellin', dove si avverte l'influenza delle frequentazioni
con il loro, attuale, conterraneo Willie Nelson. E se Stuart, nel precedente Bend
In The Road, omaggiava apertamente un altro texano doc, Billy Joe Shaver, rileggendone
la sempiterna I'm Just An Old Chunk Of Coal, oggi dimostra di averne assimilato
l'epicità di scrittura nei muscoli country rock di Poor
Man's Son, così come nella spigliatezza honky tonk di una, a dir poco,
irresistibile title track.
L'accordion di Lou Fannuchi guadagna invece
il proscenio, con il suo mantico "sporcare" le originarie trame stuartiane, in
una Into The Blue dal piccante retrogusto
cajun, così come in El Troubadour, il cui
flavour latino pare arrivare dal barrio losangelino dei Los Lobos. E se il galoppante
up tempo No Honky-Tonks, dà modo al violino di Dennis Caplinger e alla
pedal steel di Dave Berzansky, di destreggiarsi in veloci contrappunti solistici,
la conclusiva, dolorosa Bounds Of Your Heart,
complice il malinconico apporto vocale di Arabella Harrison, non sfigurerebbe,
per pathos e purezza compositiva, in un ipotetico confronto con la recente produzione
del summenzionato Red Headed Stranger. Saranno pure illegittimi, tuttavia riconosciuti
musicalmente quando era ancora in vita, ma sono sicuro che da lassù il buon vecchio
Johnny Cash sorriderà soddisfatto nel vedere come sono cresciuti forti e in salute
questi suoi "pargoli".