Bastard Sons of Johnny Cash
New Old Story

[Randm Records 2013]

www.bsojc.com

File Under: country rock, Americana

di Marco Poggio (19/03/2014)

Accantonate le, seppur parziali, velleità solistiche del precedente, peraltro ottimo, Bend In The Road, Mark Stuart opta oggi per un nuovo lavoro "di gruppo", richiamando pertanto a sé gli altri "figli bastardi di Johnny Cash", compagni di bisbocce, musicali e non, ormai da quasi un ventennio. Una "nuova vecchia storia", come recita il titolo di questo loro quarto parto collettivo, sapientemente raccontata grazie ad un songwriting forgiato sì dall'ascolto dell'opera dei propri "maestri", ma al contempo frutto, stando alle parole dello stesso Stuart, di "un cuore e di un'anima trasudanti Americana". Affermazione che non teme smentite, perlomeno ascoltando le dieci nuove, autografe, composizioni qui contenute; dieci piccole gemme, per l'appunto, di pura Americana, figlie di una vita passata "on the road", tra periferiche strade blu e sterminate highway.

Una strada alla quale Stuart e soci hanno deciso di "dare la propria vita", come confessano, con trasporto, nella distesa country ballad Well Worn Heart, macinando chilometri su chilometri, sulle note d'una sostenuta Highway Bound, con sperdute cittadine ed incontaminati paesaggi, a scorrere veloci al di fuori del finestrino del proprio pick-up. Sembra inoltre aver giovato, ai nostri, il trasferimento dalla natia San Diego, in quel di Austin, con la polvere del Lone Star State andata ad attecchire sui pentagrammi tanto di una Leave A Light On di pura delizia western swing, che nel crooning nasale della languorosa Ain't No Tellin', dove si avverte l'influenza delle frequentazioni con il loro, attuale, conterraneo Willie Nelson. E se Stuart, nel precedente Bend In The Road, omaggiava apertamente un altro texano doc, Billy Joe Shaver, rileggendone la sempiterna I'm Just An Old Chunk Of Coal, oggi dimostra di averne assimilato l'epicità di scrittura nei muscoli country rock di Poor Man's Son, così come nella spigliatezza honky tonk di una, a dir poco, irresistibile title track.

L'accordion di Lou Fannuchi guadagna invece il proscenio, con il suo mantico "sporcare" le originarie trame stuartiane, in una Into The Blue dal piccante retrogusto cajun, così come in El Troubadour, il cui flavour latino pare arrivare dal barrio losangelino dei Los Lobos. E se il galoppante up tempo No Honky-Tonks, dà modo al violino di Dennis Caplinger e alla pedal steel di Dave Berzansky, di destreggiarsi in veloci contrappunti solistici, la conclusiva, dolorosa Bounds Of Your Heart, complice il malinconico apporto vocale di Arabella Harrison, non sfigurerebbe, per pathos e purezza compositiva, in un ipotetico confronto con la recente produzione del summenzionato Red Headed Stranger. Saranno pure illegittimi, tuttavia riconosciuti musicalmente quando era ancora in vita, ma sono sicuro che da lassù il buon vecchio Johnny Cash sorriderà soddisfatto nel vedere come sono cresciuti forti e in salute questi suoi "pargoli".



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