Luke Tuchscherer
You Get So Alone At Times That It Just Makes Sense
[
The Little Red Recording
2014]

www.luketuchscherer.co.uk

File Under: singer-singwriter, country rock

di Davide Albini (31/01/2015)

Spenderei volentieri un'ideale mezza stella in più nel giudizio soltanto per il titolo, uno dei migliori che mi sia capitato di leggere quest'anno: You Get So Alone At Times That it Just Makes Sense, frase rubata al vecchio "compagno di sbronze" Charles Bukowski. Si tratta dell'esordio solista di un songwriter inglese di Bedford, dal nome quasi impronunciabile, Luke Tuchscherer (dal suo sito di premurano di specificare: si dice Tuck-Shearer). Frutto di una decina di giorni di registrazioni, ma spalmate nell'arco di ben tre anni, è la classica raccolta nella quale l'autore fa spazio alle canzoni più personali della sua produzione, evidentemente non ritenendole adatte al repertorio della principale band di riferimento. Tuchscherer è infatti il leader dei Whybirds, formazione inglese con radici che affondano nel suono alternative-country e folk rock d'oltreoceano e un trittico di incisioni inaugurate nel 2008 grazie all'omonimo esordio, al quale si sono aggiunti anche un disco dal vivo e un ep.

Poco conosciuti fuori dei circuiti indipendenti nazionali, si sono però guadagnati una certa stima in Europa e anche questo nuovo lavoro di Luke ha già ricevuto il plauso della stampa roots di settore. Accompagnato dal quartetto The Penny Dreadfuls, che lo sta seguendo in un tour di supporto durante tutto l'inverno, Tuchscherer accresce quella vivace scena Americana in terra inglese che in questi anni ci ha proposto ciclicamente diversi artisti interessanti, tra cui cito volentieri Wynntown Marshalls, rivelazione nella scorsa stagione. Il sound di You Get So Alone At Times That it Just Makes è meno elettrico e più orientato a certo country d'autore, alle atmosfere classiche dei troubadour texani e alla Nashville dei cosidetti "outlaws". Il dialogo tra acustica e dobro in Lords Knows I'm a Bad Man suggerisce paesaggi rurali, mentre il ritmo honky tonk di When Day Is Done e la dolce pedal steel in Three Long Days sono puro distillato alternative country.

La voce si stende gentile e malinconica come richiede il genere, le ballate hanno il sapore agrodolce e solitario dei maestri come Townes Van Zandt e la musica possiede quella accogliente atmosfera che ha fatto la fortuna di questo stile (One of Us, tra le migliori, melodia triste accentuata dall'intreccio fra organo e banjo, o ancora la gemella Hold On). Certo, la premessa per album di questo tenore è il loro immergersi nella tradizione, senza invenzioni e nuove frontiere da epslorare, ma con grande attenzione all'anima della canzone. Luke Tuchscherer dimostra una conoscenza della materia che è persino superiore a molti suoi colleghi americani: la cadenzata Women, il senso di solitudine che pervade To Make It Worse I'm Falling in Love Again e Darling, It's Just Too Hard To Love, non sono lontane in fondo dagli insegnamenti del giovane Jay Farrar, nella sua parabola dagli Uncle Tupelo ai Son Volt. Uno di quei dischi di genere, del tutto marginali, eppure di cui potreste anche innamorarvi perdutamente.



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