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unknown roots rockers di
Davide Albini (21/01/2014)
Ammetto di essermi perso tutte le puntate precendenti e di non avere la minima
idea di chi fosse Bob Woodruff prima di questo suo ritorno sulle scene.
The Year We Tried To Kill The Pain rappresenta infatti il suo come
back artistico, registrato in parte con musicisti svedesi, dopo un lungo purgatorio
che lo ha visto sfiorare l'idea stessa di abbandonare per sempre la carriera musicale.
Stando alle cronache Woodruff aveva tutti i numeri per emergere: newyorkese, già
leader dei The Fields, un contratto sfumato con la Restless (la ricordo come interessante
etichetta di punk e alternative rock negli anni Ottanta), ha avviato in seguito
una fase solista grazie ad un paio di lavori che sembravano indicarlo come uno
dei possibili nuovi talenti della scena country rock. L'esordio addirittura per
l'Elektra con Dreams and Saturday Nights nel 1994, disco che conteneva un duetto
con Emmylou Harris e diverse collaborazioni eccellenti, quindi Desire Road tre
anni più tardi, sempre su major, senza grandi fortune nonostante i buoni riscontri
di critica.
La delusione e l'inevitabile ritiro incombevano dietro l'angolo:
da qualche tempo però Woodruff si è stabilito a Los Angeles, scrive per la televisione
e la pubblicità e divide il suo tempo con l'Europa, dove ad esempio un'etichetta
svedese gli ha pubblicato The Lost Kerosene Tapes 1999, registrazioni fatte a
Nashville e rimaste nel cassetto. Oggi è il turno della norvegese Rootsy, che
si getta a capofitto su The Year We Tried To Kill The Pain, cogliendo nel segno:
disco di materiale nuovo e al contempo di riletture di vecchi brani (tra cui uno
dei suoi primi singoli, lo swamp sudista di Bayou Girl),
ci presenta un autore di brillante Americana e solidissime ballate dai classici
profumi roots rock. Intuisco che rispetto agli esordi Woodruff prediliga oggi
un approccio meno tradizionale (nella vecchie copertine appariva come un novello
Dwight Yoakam anche nel look...), abbracciando il suono byrdsiano di I
Didn't Know e I'm the Train, o se preferite del discepolo Tom
Petty, ma il risultato non cambia. La title track sfodera una malinconica melodia
e un piano traboccante di soul, mantenendosi su quei tempi medi tra Nashville
e Memphis che tanto piacciono a gente come Greg Tropper (ecco un collega che si
avvicina per stile e gusto, basterebbe aggiungere al piatto l'ascolto di There's
Something There e I'm Losing You) o al compianto (qualcuno se
lo ricorderà?) Duane Jarvis.
Feel the Way I Feel
è più scura nell'uso dei riverberi del binomio chitarra-pedal steel, ricordandoci
le origini country&western del musicista, la citata Bayou Girl spezza il
ritmo con un arrangiamento più vivace, mentre nel finale si ritorna alla ricetta
di casa Woodruff, uno che sguazza volentieri nelle ballate dosando grande senso
della melodia ed eleganza roots. So Many Teardrops
è un altro colpo di classe country soul con una pedal steel commovente sullo sfondo,
Paint the Town Blue offre un agrodolce tocco
pop inedito che sa di George Harrison (magari passando sempre per l'amico Tom
Petty) e il finale (catturato dal vivo) è nella mani di If I Was Your Man.