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roots rock, southern rock di
Fabio Penza (25/05/2015)
Spesso
capita di incontrare persone dall'aspetto rude. Alte di statura e grosse di corporatura.
Barba incolta, capelli lunghi e magari, perchè no, sguardo freddo ed impenetrabile.
Insomma, tutte caratteristiche che lasciano credere di avere a che fare con gente
poco affabile. Invece, dopo uno scambio di parole e averle conosciute meglio scopriamo
che queste persone hanno il cuore di burro e anziché imbracciare un fucile, amano
maneggiare strumenti musicali. Questa breve introduzione è dedicata ai
Banditos, nati a Birmingham, in Alabama. La southern rock band fondata
da Corey Parsons (voce e chitarra) e Stephen Alan Pierce II (voce e banjo) si
esibisce nei locali dell'hinterland sudista senza una vera e propria identità
artistica. Necessitano infatti della collaborazione di diversi amici chiamati
ad accompagnarli durante le loro performance. Solo nel 2010 il sestetto statunitense
si perfeziona con l'ingresso di Mary Beth Richardson (voce e tamburello), Randy
Taylor Wade (percussioni), Jeffery Daniel Vines (basso) e Jeffery David Salter
(chitarra elettrica e lap steel) dando vita a quella che è l'attuale formazione.
A questo punto decidono di trasferirsi e di operare a Nashville, capitale
del Tennessee. Denominata anche "la città della musica", Nashville ha dato i natali,
lo sappiamo, a molti artisti country ed è soprattutto sede di una delle più importanti
industrie di chitarre, la Gibson. Respirando queste atmosfere tra country, rock'n'roll
e blues, qui la band ha ideato, assemblato e dato alla luce i dodici brani che
caratterizzano la tracklist del loro album di debutto, intitolato appunto Banditos
e lanciato sul mercato musicale il 12 maggio 2015 dalla Bloodshot records. Come
una ventata di energia pura The Breeze apre
il disco ed è difficile non farsi coinvolgere subito dal ritmo indiavolato. È
soprattutto difficile non immaginarsi in una scena di un film "on the road",
con il classico inseguimento in auto o in sella ad una mitica Harley con gilet
di pelle, occhiali da sole e capelli al vento. I ragazzi spingono davvero forte
in questo brano e lo fanno con maestria.
E se fosse davvero possibile
attraversare il tempo, andando ad alta velocità in uno spazio vuoto, potremmo
anche giustificare il fatto di sentirci poi catapultati a cavallo tra i due decenni
'50/ '60. Nel sound di quegli anni. In particolar modo nel rock 'n' roll di Chuck
Berry o anche di Jerry Lee Lewis, genere richiamato e aggiornato in Still
Sober (After All These Beer) e in Cry Baby Cry. Oppure in brani
quali Ain't It Hard o nel blues di Old Ways
e di No Good, dove è apprezzabile la performance
della possente voce di Mary Beth. È davvero impossibile poter scegliere un brano
preferito senza trascurarne altri. In questo primo album, i Banditos non si sono
lasciati sfuggire l'occasione di presentare al pubblico un buon lavoro di potente
roots rock, ben strutturato. Questo segna ovviamente soltanto il primo capitolo
della loro carriera, sperando non si tratti di una meteora. In attesa di un secondo
lavoro che confermi tutto quanto detto, i Banditos possono godersi questo debutto
più che positivo.