David Corley
Available Light
[
Continental Song City
2015]

www.davidcorleymusic.com

File Under: Roadside tales

di Gianfranco Callieri (17/02/2015)

Esordire a 53 anni, com'è capitato a David Corley da Lafayette, Indiana, può significare diverse cose, molte delle quali, neanche a dirlo, appartengono di sicuro alla retorica ormai trita delle vite di provincia sistemate lungo i binari dell'autodistruzione, della perdita di sé, della ricerca dolorosa di un proprio posto (introvabile) nel mondo. Ma al di là dei souvenir autobiografici, di fronte a un disco della levatura di Available Light, a suo modo circondato e infuso di un'esperienza da veterani, si può solo pensare che un debutto a quest'età significhi soprattutto aver capito, per usare le parole della title-track, come sia necessario "sparare quando hai l'obiettivo in piena vista / sparare quando disponi di tutta la luce disponibile". Serbato a lungo, ma non attendista, contraddistinto dall'auscultazione duratura e paziente della propria identità, segnato da un'interiorità verbosa e febbrile cui la produzione impeccabile di Hugh Cristopher Brown (Barenaked Ladies) regala oltretutto il velluto di un arsenale di tastiere - Wurlitzer, B3, pianoforte - d'inconfondibile impronta classic-rock, Available Light spiazza per efficacia, maturità, dimensioni senza tempo e senza tentennamenti dettati dalla mancanza di preparazione.

La voce roca dell'autore somiglia a un incrocio tra il baritono melodrammatico di Leonard Cohen e la viscerale impressione rock di Ian McNabb (ma si potrebbero citare anche Tom Waits, Greg Brown, William Topley, persino Captain Beefheart), e si dimostra il miglior veicolo possibile per le ballate ruvide del disco, basato su un campionario di rhytm'n'blues proletari e straccioni come un tempo andava di moda comporre tra i fiumi di liquore dell'Irlanda e le fabbriche automobilistiche della Motor City (ovvero Detroit). Sebbene non tutto appaia sullo stesso livello, soprattutto per quanto riguarda i petulanti cori soul delle pur riuscite Easy Mistake e Dog Tales, oppure la melassa orchestrale dell'altrimenti asciutta Neptune, è impossibile non abbandonarsi alla logorroica poetica folkie di una Beyond The Fences modellata sull'intreccio tra folk, country e rock di un Blonde On Blonde, non restare ammirati di fronte al roots'n'roll scorticato della nervosa The Joke o non soccombere alla dialettica tra blues elettrico e prolusioni country-rock della lunga The End Of My Run, probabilmente il punto più alto dell'intera raccolta.

Nella conclusiva The Calm Revolution, sette minuti e rotti di sotterranea tensione chitarristica su cui si innesta il canto distratto e tremendamente persuasivo di Corley, vengono riassunti un po' tutti i pregi e i difetti dell'opera, e ancorché i primi superino di gran lunga i secondi, in certi momenti affiora il sospetto che, in effetti, la pulizia magistrale degli arrangiamenti, la scaltrezza di un taglio classico delineato con classe infinita e la trattazione mai effimera di un suono dove si rimescolano di continuo The Band, Van Morrison, John Hiatt e molti altri serva anche a rendere meno visibili i tratti ripetitivi di una scrittura non proprio versatile. Ma nonostante questo, a convincere è l'atmosfera semplice (non semplicistica), immediata e dimessa delle canzoni, la capacità di raccontare, osservare e romanzare restando dentro ai brani, senza accusare passaggi a vuoto, eccessi d'enfasi, improbabili colpi d'ala. Non serve altro, in fondo, per confezionare, se non un grande disco, un album maledettamente piacevole. E Available Light, senza dubbio, lo è.



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