File Under:
Anything that's r&r di
Gianfranco Callieri (08/01/2016)
Sebbene
avessero iniziato come emuli, nemmeno troppo fantasiosi, di Arcade Fire, Magic
Numbers o Belle & Sebastian, i londinesi Noah & The Whale, attivi dal 2006 allo
scorso anno, avevano a un certo punto tentato di dirigersi, negli ultimi due -
Last Night On Earth (2011) e Heart Of Nowhere (2013) - dei loro quattro album,
dal folk-pop degli esordi verso un mainstream-rock da autostrade, voglia vorace
di viaggiare, rifiuto delle leziosità, orizzonti duri e opachi. Il motivo di questa
transizione, inaugurata, come detto, ma ancora non del tutto compiuta, l'aveva
spiegato, a suo tempo, il cantante Charlie Fink, parlando delle predilezioni del
chitarrista e tastierista Fred Abbott: "Fred, grande fan di Tom Petty,
mi ha prestato Runnin' Down A Dream, il documentario di Peter Bogdanovich, e l'ho
trovato eccezionale. È stato guardandolo, sentendo il modo in cui Petty parla
della sua scrittura, del modo di essere in una band e gestirla, che è cambiato
tutto".
Non sapremo mai dove sarebbero potuti arrivare i N&TW seguendo
il percorso tracciato da Petty e dai suoi Spezzacuori; oggi, però, abbiamo tra
le mani il debutto solista di Abbott e per chiunque abbia apprezzato, e apprezzi
ancora, le dominanti cromatiche rockiste e segnate dall'incandescenza della passione
non solo del Seminole della Florida, ma del power-pop statunitense - quello di
Paul Collins, Nasty Facts, Scruffs e Nice Boys - in genere, si tratta di un'occasione
di divertimento da non lasciarsi sfuggire. Naturalmente, nella patria Inghilterra,
dove questo tipo di sonorità costituite da intrecci tra riff di Telecaster e lamenti
della slide, ballate pianistiche e nostalgiche cavalcate di organo Hammond, genera
subito prese di posizione miopi e sciovinistiche, Serious Poke è
stato accolto con una certa perplessità. Perplessità subito dissolta, per quanto
mi riguarda, dalla cattiveria chitarristica, dal ruvidume springsteeniano e dagli
esaltanti accordi di quinta dell'iniziale Adrenaline
Shot (vera e propria ode, in forma di fulminante ceffone elettrico,
al suono del New Jersey) o agli irresistibili assoli di sei corde della seconda
Funny How Good It Feels, oscillante tra aperture
folk e un granitico senso del ritmo, nonché concepita come omaggio neppure troppo
sotterraneo proprio al Tom Petty immortale di American Girl.
Altrove,
per esempio quando si avvale delle rozze ma irresistibili tastiere AOR di One
Hot Night o Learn About Love, Abbott finisce per ricordare le atmosfere
nervose e le sofisticate armonie vocali dei primi Cars di Ric Ocasek e Ben Orr
(la qual cosa, dalle mie parti, è vista come un complimento), mentre la romantica
Awake, con i suoi racconti di anime perdute
sui marciapiedi del Santa Monica Boulevard, strizza l'occhio alle melodie intense
e notturne del vecchio Tom Waits. A tenere banco durante lo svolgimento di Serious
Poke, in una Hollywood degna d'una trasferta californiana dei Supergrass
o nel countreggiare spasmodico di una Honey rifinita con smalto impeccabile
dal produttore Martin Hollis (Rolling Stones, Mark Knopfler), sono comunque la
vivacità espressiva, la semantica febbrile delle emozioni, il randagismo esistenziale
e sonoro di un figlio del Regno Unito intento a cercare una sua disperata autenticità
nel rock d'oltreoceano.
Suonato tutto di corsa, affamato di elettricità
e veemenza, Serious Poke sublima gli amori di Fred Abbott - il rock and roll,
l'America, la strada, le partenze, l'individualismo solitario - con energia inebriante.