File Under:
Americana, folk rock di
Marco Restelli (23/09/2016)
Come
spesso accade, tornati dalle vacanze estive, ci si trova ad ascoltare una copiosa
quantità di artisti con l'obiettivo di una potenziale segnalazione ai nostri lettori.
Dopo un'accurata selezione, fra alcune voci femminili, l'attenzione è caduta su
Vicky Emerson, interessante cantautrice originaria del Wisconsin recentemente
trapiantata in Minnesota, e sulla sua ottima nona prova discografica intitolata
Wake Me When The Wind Dies Down. Se fra i suoi punti di riferimento
stilistici emergono abbastanza facilmente Rosanne Cash o le Indigo Girls, l'approccio
malinconico in alcuni episodi più morbidi mi ricorda invece quello di Patty Griffin.
Matt Patrick, produttore (e chitarrista) degli ultimi dischi della Emerson, ha
saputo mettere in risalto le sue doti e ha alternato un suono più tradizionale
ad uno più moderno, ma in verità va dato atto all'artista di avergli favorito
molto il compito, portando in studio una manciata di pezzi - dieci in tutto -
uno più bello dell'altro, con punte estetiche di rilievo di cui parlerò nel dettaglio.
Il primo lato ha un ritmo prevalentemente più andante, con il singolo
Under My Skin ad "aprire le danze" interpretato
da Vicky in maniera spavalda. Nel testo mostra quasi un'eccessiva sicurezza nei
confronti di un uomo al quale fa capire senza mezzi termini che ormai sarà suo
per sempre. Siamo nel campo di un'americana orecchiabile, elettrico e dal suono
non troppo pulito, il che a mio avviso rappresenta un pregio e non certo un difetto.
Lo stesso può dirsi per Long Gone, che mantiene lo stesso piglio, con un'intro
all'insegna del violino e della fisarmonica. Le melodie più belle si trovano nelle
numerose ballate, che alzano di molto il livello generale. L'acustica Silohuette
per esempio sarebbe perfetta per contemplare un tramonto, aiutati anche dai suoi
versi romantici (Church bells ring, quarter past nine. The snow is falling, wind
in my eyes. Love has gone and made my heart cold. I wait for you as the north
wind blows). Superlativo poi il trittico centrale formato dalla triste Save
All My Cryin' (For Sunday Afternoons), che troverebbe comodamente posto
in qualsiasi disco di Tift Merritt, dalla sinuosa Lyndale, impreziosita
da un violino in sottofondo e forse la più toccante in assoluto ed infine dalla
cullante Dance Into The Night.
L'album si chiude con il midtempo
country di Follow The Moon, che fa capire
come l'artista americana abbia fra le frecce del suo arco anche la qualità di
coinvolgere il pubblico sulla pista da ballo. A beneficio di chi non avesse ancora
mai ascoltato la limpida voce di Vicky Emerson (sulle piattaforme streaming è
disponibile tutto il suo catalogo) rilevo che Wake Me When The Wind Dies Down
può ritenersi l'album della sua maturità e, a questo punto, è lecito sperare che
possa raggiungere, di tanto in tanto, anche la nostra sponda dell'oceano per poterla
apprezzare dal vivo. Quando sarà, visto anche il gradimento che sta ricevendo
in Europa da parte delle altre riviste "sorelle", farò di tutto per non perdermela.