The Black Sorrows
Faithful Satellite
[
Rootsy/ IRD
2017]

theblacksorrows.com.au

File Under: aussie americana

di Fabio Cerbone
(07/03/2017)

Piccola enciclopedia di stili e suoni americani rivisitati dalla lontana terra australiana, bignami competente delle fonti di ispirazione che da sempre alimentano il songwriting di Joe Camilleri, timoniere indiscusso della formazione, il ventesimo album dei Black Sorrows non si preoccupa di risultare persino confuso e congestionato dalla varietà di spunti e arrangiamenti che offre. Un quartetto d'archi accompagna la melodia di Cold Grey Moon, ballata d'apertura degna di un Elvs Costello in fregola di romanticismi, mentre un'intera sezione fiati spinge l'acceleratore dello swing da big band rock alla Brian Setzer di Raise Your Hands. E siamo soltanto all'inizio; dietro l'angolo un tramonto da "spianish moon" in Fix My Bail che sarebbe piaciuto al Willy DeVille di Backstreets of Desire, e il saliscendi roots bluegrass di It Ain't Ever Gonna Happen.

Ad ogni curva un saggio di stile e un cambio di rotta, anche se l'effetto è più che altro quello di un divertissment dove Camilleri gioca con i generi e l'estro del momento, dimostrando mestiere e cuore, ma nessun particolare guizzo di genio, che peraltro non è mai stato il terreno sul quale misurare le qualità di questa band. Trentennale storia e più alle spalle, vera e propria istituzione della scena "aussie" fin dalla seconda metà degli anni ottanta, i Black Sorrows hanno celebrato proprio in casa Rootsy, l'etichetta scandinava che propone il loro catalogo per l'Europa, una lunga militanza discografica con il semi antologico Endless Sleep, album che conteneva una parte di cover illuminanti sulle loro radici e una parte di vecchi brani a fungere da raccolta antologica. Faithful Satellite riparte invece dalla collaborazione di Camilleri con il paroliere Nick Smith, mettendo in fila sentimentalismo e ballate che esaltano il suo amore incondizionato per il soul, le radici country, il linguaggio della musica sudista e del r&b, nonché naturalmente il suo vero nume tutelare, Van Morrison, che qui riaffiora nei dolci orizzonti irish country di Winter Rose e nelle gradazioni blue eyed soul di Into Twilight.

L'impegno dei Black Sorrows nel far vibrare le diverse anime della band e anche le capacità di adattarsi ai cambi di umore musicale sono encomiabili, per carità, ma l'impressione è che oltre le citazioni non ci si spinga, con l'effetto di aggiungere ospiti e suggerimenti (il quintetto di base è arricchito da una ventina e più di strumentisti!), ma mai indovinando uno spunto che sia sopra la media. Nel finale poi il disco sembra voler osare troppo e dopo avere zigzagato per tradizioni americane sparse, si avventura fra ritmiche in levare soul, reggae d'annata (Love is On Its Way) e rock generici (Land of the Dead, la traccia più infelice e insipida) che non aiutano certo a fare chiarezza.


    


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