Helene Cronin
Old Ghosts & Lost Causes

[Helene Cronin 2019]

helenecronin.com

File Under: country rock, americana

di Sara Fabrizi (21/12/2019)

“Vecchi Fantasmi e Cause Perse”. Così titola il nuovo full lenght della cantautrice texana Helene Cronin. Registrato e prodotto a Nashville. Reca in sé tutto il migliore immaginario della musica country ed americana in generale. E lo fa narrando storie che si stagliano come immagini su un orizzonte. Ciò che cattura immediatamente, infatti, è la peculiarità della sua musica di farci vedere le storie che canta, riuscendo così a stabilire un dialogo intimo e diretto con noi. La tenerezza, la delicatezza, ma anche il groove e l’energia, che pervadono gli unidici brani dell’album ci disvelano il mondo interiore della cantautrice rendendolo a noi accessibile e permettendoci di prendervi parte. Si realizza un’interessante fusione fra la nostra e la sua prospettiva, come spesso accade in generi così “roots and intimate”.

Ma il valore aggiunto di questo disco è nella sua freschezza comunicativa, nella sua potenza verbale. Sostanzialmente non dice nulla di nuovo, ma è come lo dice che fa la differenza. Comunicare tutto un armamentario di storie/immagini/sogni/valori ben noti al country rock ma farlo con piglio moderno ed accattivante. Rendere hic et nunc il tramonto su una tipica highway, narrare storie di cowboys, di vecchie paure, di amori persi o mai nati. Metterci dentro tutta la sapienza musicale del caso e prenderci per mano guidandoci, traccia dopo traccia, in quello che, a mio parere, rimane il posto più bello del mondo. Roba per romantici incalliti, ma che funziona eccome. Unidici episodi, uno più bello dell’altro, di questa mini serie da gustare magari viaggiando su una vecchia cabriolet. Non ruffiana riproposizione di un passato mitizzato ma necessità dell’anima di viaggiare, almeno solo col pensiero, per attingere nuovo slancio e nuova linfa vitale.

La voce delicata ed avvolgente di Helen ci culla, ci conforta e ci dà gioia. Una timbrica che nei pezzi più intimi ricorda un po’ quella di Emmylou Harris, in altri più grintosi ricorda invece Stevie Nicks. Arrangiamenti country e soft rock, magistrali esecuzioni dei più talentuosi sessionmen di Nashville. Ci sono tutti gli ingredienti per un grande album, per una perla, non solo nel suo genere. Tra i brani spicca il pezzo d’apertura, Careless With A Heart ricorda la bellissima Landslide di Stevie Nicks, perché la musica è sempre continua citazione e rielaborazione. Molto “intimate” è Ghost, lievemente pizzicata sulla sei corde, ha quell’impronta “so sad” che ritroviamo in un genio della tristezza country quale fu Townes Van Zandt. Decisamente country rock e groovy è Mean Bone, qui una grinta da far invidia alla migliore Sheryl Crow. Assolutamente godibile e irresistibile è Mongrels and Mutts. Qui il banjo la fa da padrone con un arrangiamento che ricorda vagamente la Doolin’ Dalton degli Eagles. Molto bello anche il pezzo che chiude l’album, The Last Cowboy si riallaccia alle sonorità del brano di apertura. Arrangiamenti languidi e voce dolce per portare a compimento questo viaggio nelle strade polverose dell’America e della nostra anima.


    


<Credits>