Diesel Park West
Let It Melt

[Palo Santo Records 2019]

dieselparkwest.com

File Under: Rock and Roll survivors

di Nicola Gervasini (25/01/2020)

Sono queste le storie che ci piace ancora raccontare, quelle di band come i Diesel Park West, un nome che io stesso ho scoperto solo grazie a questo Let It Melt, con conseguenti gravi sensi di colpa. Mi vengono in soccorso le note di copertina, che dicono che si tratta del loro nono album, e che “nove è un bel numero, decisamente più rock and roll di otto” (???), e che serve anche a ringraziare chi li ha seguiti da sempre, ma anche chi sale sulla barca soltanto ora. E allora saliamo volentieri a bordo anche noi, e navighiamo con questo quartetto di Leicester (la line-up odierna vede John Butler, Rich Barton, Geoff Beavan e Rob Morrische) che bazzica i pub del Regno Unito fin dal 1980, e il cui primo album (e anche l’uno è in fondo è un bel numero rock and roll, o no?) dal significativo titolo Shakespeare Alabama, ebbe anche l’onore di entrare in top100 UK, così come il secondo album Decency del 1992.

Let It Melt è un disco che consiglio a chi ancora cerca quel pub-rock di ispirazione americana, ma di marca tutta britannica, che vede nei Pretty Things i veri capostipiti, e i Dr Feelgood il vero motore trainante nel corso degli anni Settanta. Let It Melt, la title-track che apre questo frizzante lavoro, trasuda di quell’amore per le chitarre che furono dei primi Rolling Stones e una certa impronta vagamente blues, così come Pictures in The Hall sa davvero dei Pretty Things degli anni Settanta. Ma il loro essere britannici fin nel midollo esce allo scoperto con la bellissima No Return Fare, il brano che vorremmo sentire oggi in una ipotetica reunion dei Kinks (La fanno? Non la fanno?), mentre The Golden Mile batte di nuovo sull’acceleratore del garage-rock. Ci vuole Scared of Time a far tirare il fiato, un bellissimo up-tempo che sembra rubato dalla carriera più recente di Peter Wolf, mentre Everybody’s Nuts sembra una di quei brani apparentemente scazzati del Keith Richards solista. Da notare anche la programmatica Living In The Uk con il suo splendido piano boogie alla Ian Stewart, il rock and roll alla Faces di Bombs Away e il pop giocoso di Across the Land.

E la storia da raccontarvi dov’è in tutto questo? Era questa, e cioè che esistono ancora band che dopo quarant'anni di carriera non chiedono nulla se non suonare del rock and roll old-style che pare uscito da una svendita per sgombrare un garage che era rimasto chiuso dal 1964, e che lo fanno in maniera fresca e con canzoni che ci rassicurano sul fatto che sì, il rock sarà anche morto, ma i suoi zombi girano ancora liberi in questo mondo, e suonano ancora alla grande.


    


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