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Eddie 9V
Little Black Flies
[Ruf records 2021]

Sulla rete: eddie9v.bandcamp.com

File Under: blues & soul vibes

di Silvio Vinci (21/06/2021)

Ispirato da Albert Collins, Otis Rush e Mike Bloomfield, musicisti che erano soliti registrare i loro dischi in presa diretta, Eddie 9V, giovane bluesman della Georgia, ha voluto anch’egli lasciar andare a briglia sciolta il suo talento insieme con la sua reattiva band, e mettere su bobina questo straordinario lavoro, Little Black Flies. Eddie 9V è una sorprendente novità che scopro solo oggi (nonostante due dischi, Way Down The Alley, sempre live, del 2020, e Left My Soul In Memphis, del 2019) ma che mi ha letteralmente catturato e già lo adoro come se fosse nel mio scaffale di vinili da anni. Il sound è quello che piace agli amanti del vintage sound, miscela di blues, soul e rhythm and blues dal forte sapore sudista; il suo canto, carismatico, e la chitarra, perfetta per il ruolo, lo caratterizzano come pochi altri, oggi un gradino sopra per questa new generation di fenomeni blues, in parte eredi di Black Crowes, Black Keys etc.

Il blues è il comune denominatore, ma non quello un po’ scontato o accademico, che - seppur suonato bene - tende ad appiattire decine e decine di artisti, ma blues come scheletro di base, come cartilagine che tiene corpo ed equilibrio al disco tutto, poi però sono i dettagli a “spaccare”, quel giro di accordi, quei riff di chitarra fradici di alcool e travestiti da effetti (tremolo, riverbero, fuzz) che determinano le sorti di un giudizio finale. Little Black Flies è anche il titolo di apertura, un pezzo soul, soul bianco diremmo, come quello che suonava Van Morrison in Street Choir, o che ripropose passando come una cometa luminosa (anche troppo) la promessa Anderson East, un inizio che ti mette subito di buon umore, e prepara le papille gustative al r&b di 3AM in Chicago, devastante brano che fa vibrare come lo facevano solo certi dischi soul e blues degli anni 60, cose alla Ike & Tina, Otis Redding o Al Green, per capirci.

Il blues, nella modalità shuffle dei malfamati club del Nord, è la fotografia di Dog Me Around , con la sezione ritmica di Marvin Mahanay al basso e Aaron Hambrick alla batteria a galoppare come si deve. Anche She Got Some Money è un ruspante shuffle, bello melodico con un chorus che sa tanto di Sweet Home Chicago, ma rimane elettrizzante sia per il carisma del leader, sia per i guizzanti spunti pianistici di Chad Mason (tastierista del combo), che poi fa un balzo di sgabello per mettere le mani sopra un veterano organo nella successiva, straordinaria interpretazione boogie blues di Don’t Come Around This House, ennesima finestra di sfacciataggine del nostro Eddie 9V, che suona la sua lead guitar con scioltezza e passionale reverenza nei confronti dei bluesmen americani che furono l’abbecedario per tutto il rock blues della fine degli anni 70 (qui il basso è suonato da Lane Kelly, ndr). Back On My Feet fa il verso al boogie senza fine di John Lee Hooker, con una line up spartana (Brandon Boone al basso acustico), che poi allarga le fila al chitarrista Cody Matlock, che affianca Eddie 9V nel brano Reach Into Your Heart , ballad con riff blues rock e doveroso supporto di Hammond sotto copertura ad amalgamare tutto il brodo.

Band al completo, con l’aiuto di Jackson Allen all’armonica, per un rock blues acido e pitturato di funk della Louisiana, che si titola Miss James, episodio tra i miei preferiti perchè da un semplice riff chitarristico monta su un vigoroso canovaccio nel quale inserire frasi solistiche a piacimento e dove il cantato di Eddie9V, nonostante la giovane età, è sorprendentemente scafato, maturo, irriverente, e ipnotico, così come diventa anche narrativo in Columbus Zoo Blues , anche qui in debito con il boogie di hookeriana memoria e rispettoso della lezione dei mostri sacri BB King, Buddy Guy e Junior Wells. Puttin The Kids To Bed è rhythm’n’blues, sempre fedele alla linea vintage (bellissimo il piano elettrico) con quel ruvido effetto back room dei microfoni e lo splendido lavoro delle chitarre.

C’è anche il funky blues, in omaggio al mitico Albert King, di Travelin Man, e lo shuffle del Chicago mood, di Muddy Waters, You Don’t Have To Go che chiude in bellezza un disco frizzante e generoso di energia, pur conservando un evidente sapore retro vintage, che premia come rivelazione del 2021 questo bravissimo giovane artista, che mi impegno a seguire e sostenere perchè suona esattamente la musica che ci piace. Chapeau.


    


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