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Rupert Wates
For the People
[Bite music 2022]

Sulla rete: rupertwatesmusic.com

File Under: english folk


di Donata Ricci (22/04/2022)

Non succede sempre, ma in questo undicesimo lavoro di Rupert Wates, londinese trapiantato da anni a New York e con il ventricolo sinistro puntato verso il Canada, l’artwork di copertina è fedele al contenuto. Indizio n. 1: nel bosco notturno tratteggiato a china l’autore è appoggiato ad un tronco e tiene stretto un liuto. Indizio n. 2: l’oscurità è interrotta da una macchia di luce al cui interno giovani figurine danzano sprigionando euforia. Indizio n. 3: sia il lettering sia l’elemento decorativo che completano la cover sono mutuati dal mondo vegetale e parlano di grazia.

Il liuto. Per godersi questo lavoro occorre amare il suono degli strumenti acustici a corda, la chitarra sopra tutti e apprezzare il confluire leggero di una traccia in quella successiva, visto il frequente ricorso al medley. Ombra e luce. Nel disegno l’autore è accasciato nell’oscurità, quasi a volersi identificare nel cantore senza volto di cui è disseminata la classicità e cede volentieri la scena ai ragazzi che danzano nella luce. E’ così che si spiega il titolo ecumenico dell’album, nonché l’attitudine che Wates attribuisce alle sue tracce: “Music of the people, by the people, for the people”. Il ritornello della title track esprime un concetto di questo tenore: “Posso soltanto cantare la mia canzone per la gente, con amore”. E se non siete intolleranti al glucosio, sentite cos’altro soggiunge: “Questo album è una love song to humanity”.

Poi ci sono il lettering e il ramoscello decorativo. Che ci stanno bene e soprattutto sono in congruenza millimetrica con il contenuto. Perché questo bardo degli anni duemila è il Guido Guinizzelli del fingerpicking e le sue ballate sono Dolce Stil Novo rivisitato. Sono gentili, ecco. In Spanish Galleon pizzica la sua Lowden un po’ come Edward Baird sollecitava le corde del liuto con gli Amazing Blondel e basta prestare attenzione a Thirthy Thousand Guineas (A Smaggler’s Tale) per accorgersi che la sua abilità tecnica non è da meno. E The Dance of Joy, che chiude il disco piazzandosi tre le tracce migliori, vira ancor più decisamente verso leziosità elisabettiane, rammodernate però da controcanti femminili che nelle note di copertina vengono identificati in backing voices (friends and family).

Per calarci più a fondo nel contenuto, questi nuovi brani rappresentano il ritorno di Wates alle radici dell’English Folk. La maggior parte di essi poggia su antiche armonie della tradizione inglese, liberamente adattate; narrano di amanti abbandonati, soldati in balìa di venti di guerra e marinai su galeoni pirata. Storie talvolta cupe, con derive sanguinose, che sanno dispiegare la loro forza narrativa nel breve arco di tre-quattro minuti, facendosi bastare una line-up essenziale: un timido violino sbuca in Ullswater Cove e All Fair Ladies s’inventa un call and response con Rorie Kelly. Tutto qui, zero artifici, nessun orpello. Non è difficile intuire affinità tra Rupert Wates e altri musicisti, albionici e non. Per esempio di Allan Taylor possiede la compostezza compositiva, anche se gli manca l’affondo lirico; la voce pastosa ricorda invece il giovane John Martyn, ma non può avvalersi della poliedricità timbrica dello scozzese; in To the Sea si percepisce Bruce Cockburn, quello chitarra e voce degli esordi, tanto per l’impostazione vocale quanto per l’attitudine armonica. E perché non Robin Laing… o John Renbourn…

Potremmo continuare all’infinito nel gioco dei rimandi, tenendo comunque presente che se un musicista mostra analogie con alcuni suoi colleghi, non è necessariamente un male. Discorso che vale in particolare per il brano più riuscito della raccolta, quel The North Road il cui testo da murder ballad saltella su una gamba sola su un unico accordo, scartando di poco ora alla destra ora alla sinistra di un’immaginaria linea di gesso tracciata sul cemento, come nei giochi infantili di un tempo. E a proposito di questa canzone passatemi un ultimo accostamento: qui è Nick Drake a palesarsi, quello che mugugnava gli ammonimenti di Know su due sole corde di chitarra. E allora metto sul piatto Pink Moon e benedico le affinità.


    


<Credits>