Arthur Alligood
One Silver Needle
[
Newsong Recordings  
2012]

www.arthuralligood.com

File Under: folksinger intimista

di Yuri Susanna (30/08/2012)

Capita ogni tanto (sempre meno di rado, in realtà) di imbattersi in dischi come One Silver Needle, inchiavardati ad un'idea di songwriting classicamente settantesca (versante West Coast), plasmati intorno a canzoni che alle traiettorie sbilenche - indispensabili fino a ieri per farsi notare - preferiscono il passo diritto di una successione strofa-bridge-chorus. La classicità, insomma. Qualche anno fa l'avremmo forse etichettato come un tentativo di beneficiare delle credenziali di critica e pubblico acquisite da Ryan Adams: oggi che Adams ha speso molta della sua credibilità (un Orion non si perdona a nessuno), la musica di Arthur Alligood rivela la sua reale matrice molto più indietro, in un folk-rock urbano, agrodolce nello spirito e elettroacustico nei modi, figlio della California postideologica di una generazione che si scoprì in ritardo per il cielo (Jackson Browne è il nome che viene alla mente subito, dalle battute iniziali di Shouldn't Be That Hard, con quelle armonie vocali e quelle vibrazioni da "viaggio in auto su una highway al crepuscolo").

A confermare questa idea, l'elenco dei musicisti che Alligood ha avuto la ventura di portarsi in studio. Jim Keltner (batteria) e Leland Sklar (basso), sono nomi che probabilmente occupano parecchi centimetri dei vostri scaffali: basta che abbiate in casa qualche disco di Randy Newman, Bonnie Raitt, Ry Cooder, James Taylor, Roger McGuinn, ecc. (ma potremmo continuare ad libitum). E la chitarra di Michael Ward (John Hiatt, Wallflowers) non fa che confermare l'idea che One Silver Needle abbia una filiazione ben precisa. Ma come ha fatto un "signor nessuno" come Arthur Alligood ad affidare le sue canzoni alle cure di musicisti di tanto calibro? Buona domanda. Prima, bisogna dire che Alligood (nascita ad Athens, Georgia, ma residenza attuale in Tennessee) non sbuca dal nulla: ha affinato il suo songwriting nel tempo (tre dischi in studio, un live e un ep, dal 2005 a oggi); poi, per esser onesti fino in fondo, c'è dietro un concorso, il Mountain Stage New Song Contest, che Alligood ha vinto nel 2011 assicurandosi il budget per questo disco, oltre che le cure di un produttore "serio" (Mikal Blue, nome legato alla divetta pop/folk Colbie Caillat).

Dobbiamo dunque ad una specie di X Factor per cantautori sfigati la genesi di One Silver Needle. Ma come sono queste canzoni? Tutte mediamente buone o più che buone (segnaliamo almeno il dondolio di We Had A Mind to Run e l'incrociarsi di slide della drammatica Go On Back), ma nessuna dannatamente buona. Mancano brani-killer, insomma: il che farà sì che purtroppo molti si fermino a un paio di ascolti distratti prima di riporre il disco in archivio. Peccato, perché questo è quel tipo di album che rivela la propria qualità per gradi, mostrando pudicamente le proprie virtù solo dopo un adeguato corteggiamento. Insomma, in un'epoca in cui la lentezza e l'attenta concentrazione non sono esattamente valori predominanti, la musica di Alligood parte già sconfitta. Ma non crediamo che se ne debba crucciare: qualcuno deve pur tenere fermi i cavalli, come diceva un tale. Voi però dategli una chance.



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