File Under:roots
rock, power pop di
Fabio Cerbone (07/02/2013)
Una
vita dietro le quinte, un cuore per il rock'n'roll, Kevin Bowe torna dedicarsi
alla carriera solista, se così la vogliamo chiamare. Più di dodici anni infatti
lo separano dalla precedente pubblicazione con gli Okemah Prophets, combo di musicisti
locali che accompagna Bowe nel suo tortuoso percorso. Restoration (1999)
fu al tempo una piccola, trascurata gemma nel grande mare del roots rock provinciale
americano, il giusto compromesso fra melodia pop, tradizione folk e guitar rock,
nel solco di una città, Minneapolis, che su questi suoni ha costruito una mitologia.
Nel frattempo Bowe non è rimasto al palo: la sua fortuna è stata quella di scrivere
per conto terzi, firmando successi con giovani virgulti blues come Johnny Lang
e Kenny Wayne Sheperd e collaborando con il produttore David Z, ritrovandosi nei
dischi di Etta James (un grammy per Let's Roll) e soprattutto Paul Westerberg,
di cui per qualche tempo è stato anche il chitarrista ufficiale nelle brevi escursioni
dal vivo.
Ed è proprio il nome dell'ex Replacements ad aleggiare come
un fantasma sullo spigliato power pop chitarristico che anima Natchez Trace,
uno di quei b-records che ormai si fa fatica a scovare e mantiene accesa la fiaccola
di un rock'n'roll americano della strada e per la strada. Un disco che d'altronde
non mente sulla sua natura fin dalla lista dei partecipanti: avere in sessione
Chuck Prophet, Freedy Johnston, i fratelli Kirkwood dei Meat Puppets,
persino il violino di una ritrovata Scarlett Rivera (ricordate Desire di Bob Dylan?)
ha un solo senso di marcia possibile. È pur vero che il mood alt-country di Fallen
Satellites e le seduzioni pop di Long Goodbye
aprono un'ora abbondante (e forse fin troppo generosa) di musica con propositi
ingannevoli: a metà strada fra la dolcezza roots di Golden Smog e Jayhawks (In
Too Deep non scherza in quanto a parentela) e i Soul Asylum più adulti, Natchez
Trace sembra una traccia perduta alla metà degli anni Novanta.
Poi arriva
lo strano pasticcio di Power Trip, rock sintetico e posticcio suonato dal
solo Bowe e pare che faccia da spartiacque: da qui in poi inizia un'altra storia
e un altro disco, più frizzante e spedito, che innalza un'ode al Paul Westerberg
solista di 14 Songs e ai Replacements più maturi di fine carriera. Never
Don't Stay è pop chitarristico della migliore specie, sbarazzina e
dritta al punto, mentre in Everybody Lies
mette insieme fiati r&b e boogie rock con il non indifferente contributo di Nels
Cline (Wilco) alla sei corde solista. Da qui in avanti Natchez Trace non perde
più la bussola: Haven't You Heard è l'ennesima delizia che porta il marchio
di fabbrica del Minneapolis rock; Waitin for the Wheel
vira all'honky tonk elettrico, con una solista micidiale rimessa nelle mani di
Chuck Prophet; Just Restless si rotola nuovamente
nel fango del rock'n'roll, questa volta a tinte sudiste; I
Found Out recupera un John lennon d'annata (Platic Ono Band) e lo fa
rosolare ben bene nella rabbia punk; infine la cosiddetta The La Suite (composta
da La Dogs, Devil's Garden e Gutters of Paradise) chiude
i conti, riassumendo con trasparente precisione i gusti e le pulsioni di Kevin
Bowe e dei suoi Okemah Prophets. Ne vorremmo ascoltare di più di produzioni simili.