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psychobilly, country noir di
Fabio Cerbone (08/05/2013)
"Questa
è la band che suona nel bar alla fine della mondo", parola di Jello Biafra, icona
della cultura underground e punk americana, che degli Slim Cessna's Auto Club
si è innamorato anni fa, mettendoli sotto contratto per la sua storica etichetta
Alternative Tentacles. L'immagine è calzante e gioca chiaramente sui riflessi
apocalittici e dissacranti di questa band di sconclusionati pionieri provenienti
da Denver. Una carriera nell'ombra quella di Slim Cessna e soci, che sfiora oggi
i vent'anni, a cominciare dalle informi registrazioni verso la metà degli anni
Novanta. Fu proprio la citata Alternative Tentacles a scovarli fra i canyon e
la polvere del Colorado, ripubblicando le prime incisioni e firmando l'esordio
Always Say Please and Thank You nel lontano 2000. Una parte di quel materiale,
così come una sconclusionata selezione di altre chicche sparse dai lavori successivi
(ben otto album, con cinque tracce da The Bloody Tenent Truth Peace del
2004 registrate ex-novo per questo progetto) viene oggi riassunta da questa antologia
sui generis, fedele in fondo allo spirito iconoclasta che sorregge la musica della
band.
È la Glitterhouse a diffondere il verbo di Slim Cessna's Auto Club
nella Vecchia Europa, terreno che potrebbe rivelarsi molto sensibile al "teatrino"
dark country dalle inflessioni gospel del gruppo, una sorta di versione meno austera
e più canzonatoria dei Sixteen Horsepower, con i quali guarda caso Slim Cessna
condivide produttore (Robert Ferbrache) e città natale (la ricordata Denver, nella
cui aria deve circolare qualcosa di sulfureo…). An Introduction for Young
and Old Europe raccoglie quindici episodi che rappresentano l'altra faccia
dell'America, visione distorta e beffarda di certo fervore sudista in salsa country
rock, dove sermoni religiosi e immagini da murder ballads (l'alienante This
is How We Do Things in Our Country) mettono insieme peccato e redenzione,
inferno e paradiso, storie da bifolchi (Cranston,
Halleluja Anyway) e inni alla gioia (Children
of the Lord, Jesus Christ), che tuttavia raramente sembrano
prendersi sul serio (Jesus is in My Body, My Body Has
Let Me Down annuncia la nuova venuta del Salvatore nel bel mezzo del
Colorado). La musica riflette questo senso di straniante tradizionalismo, dove
le evocazioni di banjo e accordion vengono ridotte a fette dalle chitarre, spesso
a ritmi di marcette klezmer e country punk, mentre il canto dei due leader (lo
stesso Slim Cessna, sorta di barbuto cowboy, e Munly Munly) attraversa tonalità
allucinate che passano dallo yodel al più cupo baritono.
Occorre dunque
predisporsi al fervore di questa musica, che appare a tratti visionaria (Halleluja
Anyway), altre volte più sghemba e impazzita (Magalina
Hagalina Boom Boom), spesso e volentieri complice del suono alterntive
country più rivolto al gotico (Cold Cold Eyes, 32
Mouths Gone Dry, quest'ultima dotata di uno dei testi più assurdi e
disturbanti della raccolta), sempre e comunque sopra le righe. Volete una riprova
visiva? Provate con il Dvd allegato, che riporta fedelmente tre serate tenutesi
al piccolo club Lion's Liar di Denver, nell'aprile 2012. Una decina di musicisti
(tanti e tali sono i membri che entrano ed escono dalla formazione) schiacciati
sul piccolo palco a scompaginare ritmi e tradizioni dell'american music, due frontmen
da ricovero forzato e un suono farneticante. La qualità audio e videe non è eccelsa,
ma vale come testimonianza di questa follia chiamata Slim Cessna's Auto Club.