Arlan Feiles & The Broken Hearted
Weeds Kill the Wild Flowers
[
Not-Pop Records
2012]

www.arlanfeiles.com


File Under: rock songwriter

di Marco Restelli (10/11/2012)

Pedigree di tutto rispetto quello di Arlan Feiles che, ancorché poco conosciuto, vanta già alle spalle una gavetta non indifferente: due cd con una sua vecchia band (i Natural Causes), alcune collaborazioni con artisti storici del livello di The Band, Joan Baez, Dave Matthews, e perfino Dave Grohl dei Niravana nonché, infine, un paio di dischi solisti di discreto successo, quantomeno nel circuito americana statunitense (Raising a Nation e Come Sunday Morning). Al primo ascolto di questo suo nuovo Weeds Kill the Wild Flowers il primo riferimento, sia vocale (in alcuni passaggi, a dire il vero, ai limiti del clone) sia stilistico, che potrebbe saltarvi in mente è senza dubbio Marc Cohn. Vi basterà ascoltare Tomorrow's Gonna Be a Better Day, tra l'altro uno dei pezzi più rilassanti ed intriganti, per avere l'impressione di esservi imbattuti in uno splendido out-take mid tempo di The Rainy Season o Burning the Daze.

Detto questo, va chiarito che le influenze musicali sono decisamente le più svariate e non per questo fanno dell'artista un banale "ricopione". Al contrario, il disco evidenzia una spiccata personalità, certamente condivisa con l'affiatato gruppo di "Cuori Infranti" che egregiamente sostiene Feiles, come nella corale up tempo Top of the World che apre l'album (consiglio di ascoltarla in auto, magari in un giorno in cui si desidera recuperare un po' di sana autostima e di buon umore), o nella più lenta tutto piano, organo e fiati di Viola. Perla incontrastata dell'album, a mio avviso, è la ballatona Listen to Your Heart Talk che musicalmente si distingue per una bellissima pedal steel, che ogni tanto fa capolino sullo sfondo, lì dove il testo lancia un sentito invito a ritrovare l'amore in sé stessi (a heartless child is a shooting gun on a dead end street in a war not won and all we feel is a heart schock…so listen to your heart talk).

Solo un gradino più sotto piazzerei la romantica dichiarazione d'amore di Anything, dal sapore quasi epico, molto sentita e ben interpretata dall'autore. Breaking, invece, suona piacevolmente ritmata e, nell'economia complessiva del disco, trova il suo degno contraltare nella delicatezza placida della finale ed autobiografica Mix Tape, dove l'artista losangelino ricorda in maniera un po' dylanesca (quello acustico degli esordi) il suo arrivo a New York per iniziare la sua carriera di cantautore e la nascita di un nuovo amore. Volendo segnalare i pezzi che necessiterebbero un maggiore approfondimento direi che Baby come clean, forse, non appare all'altezza del livello generale, così come in parte la steelydaniana Katie Truly, dallo spirito più allegro ma un po' troppo monocorde per i miei gusti. Nel complesso, coerentemente con quanto sin ora segnalato, definirei più che convincente la prova dell'artista americano, con l'augurio che possa finalmente uscire dall'anonimato (europeo) in cui di fatto è stato sin ora relegato.



<Credits>