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Texas
rocking fields di
Gianuario Rivelli (16/07/2013)
Dai killing fields della cronaca nera (poi messi su pellicola da Ami Canaan Mann)
al Killer Joe dell’immenso Bill Friedkin, sia nella realtà che nella fantasia
cinematografica il Texas non perde occasione di adombrare il cielo con la sua
anima oscura, fatta di personaggi laidi e tenebre mentali. Spesso nemmeno la catarsi
finale garantisce una qualche parvenza di redenzione e già è tanto se insieme
alla pellaccia si riesce a tirar via un barlume di dignità. Ideale colonna sonora
di questo universo potrebbe ben essere la musica di Javi Garcia, talentuoso
songwriter a testa alta e valvole arrostite che al dark side si affaccia spesso
per le dieci canzoni di questo suo secondo disco, il notevole The Great
Controversy. E’ subito evidente però (The Sound,
abrasivo blues su una ragazza che non gradisce le rimostranze paterne circa il
suo stile di vita non proprio oxfordiano) che per veicolare le sue storie crude
di dropout e anime sbandate il texano scelga un sound al fulmicotone, sempre spinto
al massimo, con la spina ben attaccata e il sudore in fronte.
Nonostante
il disco d’esordio Southern Horror abbia suscitato un certo culto sotterraneo,
questo seguito ha avuto bisogno di una campagna di crowfunding per vedere la luce…pardon,
gli inferi dato che il principe delle tenebre è protagonista di perlomeno due
brani: la title track, un verboso rock blues dylaniano dal sapore honkytonk che
ondeggia tra liriche deliranti (“The words that I spit would make most writers
choke/ I’ll raise the egg just to slaughter the hen”) e To
Be Free, che frequenta gli stessi territori ma con piglio furente e
rasoiate hard. Strano mondo quello in cui i discografici non si contendano uno
capace di scrivere Nightfall, uno dei country
rock dell’anno, uno di quei brani sentiti mille volte ma che personalmente continuo
ad anelare ad ogni piè sospinto, capace di incalzarti sin dalle prime note sbattendoti
in faccia l’epos quasi springsteeniano di una donna invischiata nelle sabbie mobili
della perdizione (“You’re only happy at night when the sky looks like a cannonball/
Always trying to find the light just minutes after nightfall”). Per non parlare
di Savanna, altra storia cruda di violenza
e vendetta dall’irresistibile manto roots, con le chitarre che pulsano puro rock
stradaiolo di origine protetta.
Non mancano episodi anomali in questo
contesto, ancorché estremamente riusciti: il classico ballatone dell’amor perduto
Ft. Worthless (“You’ve stained me like nicotine
and burned me like liquor”) e ancor di più il delirio waitsiano di Cut
throat, elettricità e suggestioni da funerale balcanico per la vicenda
di un barbiere alla Sweeney Todd che ai suoi avventori non si limita a tagliare
la barba. Non è un capolavoro, ma The Great Controversy ha dentro di sè abbastanza
grinta, elettricità, sfrontatezza e una manciata di canzoni potenti da farci chiosare
che siamo dinanzi a un cavallo di razza. E la sensazione è che Javi Garcia non
si fermerà qui.