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old country girls di
Marco Poggio (28/11/2013)
Texana di nascita ma trasferitasi per più di dieci anni in quel di Portland, Emily
Herring, nel 2010, fa alfine ritorno al proprio suolo natio, stabilendosi
in quel di San Marcos, cittadina a pochi chilometri da Austin. La fervente scena
alternative folk oregoniana non sembra tuttavia aver lasciato traccia alcuna nel
pentagramma di una songwriter fin dagli esordi orientata verso un personale intreccio
tra western swing, tejano music, country tradizionale e arcaici sentori deltaici.
Distante anni luce dalle pailettes e dai lustrini di quella enorme "catena di
montaggio del country" chiamata Nashville, la Herring possiede tanto una fervida
vena autoriale, che ben si traduce in liriche d'evocativa forza poetica, quanto
una voce pressoché perfetta, nella sua indolente inflessione, per interpretare
quanto prodotto dalla propria penna.
Camicia, cappello da cowgirl e un
paio di vistosi occhiali la avvicinano, perlomeno visivamente, ad una Mary Gauthier
trapiantata nel Lone Star State, provvista tuttavia di una vocalità capace tanto
di evocare lo spettro di Patsy Cline, quanto, in più di un frangente, di ricalcare
la rochezza di Lucinda Williams. Sintomatiche, dell'affinità vocale con quest'ultima,
sono sia le derive alternative country di Turquoise Earrings,
che il vivido splendore di One Sip Of Water,
complice il fluire armonico della dobro di Benjamin Dewey. A far da contraltare
alla chitarra della Herring, sia nei tempi sostenuti di una vibrante Wanna
Holler, che nell'afflizione pervadente Terlingua, troviamo altresì
la sei corde elettrica di Brian Kelley, protagonista anche nello scalpitare di
Stifling Its Sound, dove si avvertono le reminescenze di un passato
da rockabilly singer. Profuma invece di western swing l'opener Austin
(Ain't Got No) City Limits, sorta d'ipotetica session con gli Asleep
At The Wheel assoldati quale backing band per Patsy Cline, mentre la title track,
dal canto suo, ha tutte le carte in regola per diventare una classica ballroom
song, movimentando le notti, a venire, nei locali di Austin e dintorni.
La
fluttuante ariosità di Praire Lea mostra invece
il lato più introspettivo della nostra, la quale incanta, per intensità interpretativa,
in una Don't Waste Time, trasudante country da ogni singola nota. Il finale,
affidato agli stridori blues di One Steals The Load,
ci porta invece dalle parti del Delta, a rimarcare un'influenza, quella della
primigenia musica afroamericana, alquanto marcata già nelle precedenti prove in
studio. Emily Herring rappresenta il più fresco, genuino nonché vitale esempio
di come si possa, oggi, suonare autentica country music, fregandosene bellamente
degli stereotipi di "genere" imposti dal mercato discografico. E se il risultato
di tale presa di posizione artistica è un lavoro della bontà di questo Your
Mistake, non ci rimane che augurarle di continuare, imperterrita, il proprio
cammino lungo questa parte "scura" della strada musicale.