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cowboy from sweden di
Fabio Cerbone (23/04/2013)
Lo
sguardo un po' sconsolato, la faccia triste, l'uomo è appoggiato al muro di un
vecchio caseggiato, forse nella stessa Malmö da cui proviene Richard Lindgren.
Questo il ritratto nella pagina centrale del libretto, mentre in copertina ci
ritroviamo il buon Richard all'interno di una casa (la stessa di prima?), qualche
quadro, una luce suffusa, ma la faccia anche qui non è esattamente allegra. Nel
presentare Grace le note biografiche ci ricordano che il cantautore
svedese è appena uscito da un divorzio: amore in frantumi e rotture sentimentali
sono quindi al centro delle nuove composizioni, ma lo strano effetto che produce
Grace all'ascolto è che la sua musica è tutto fuorché ripiegata su se stessa.
Innanzi tutto è il disco più compiuto e interessante di questo folksinger,
davvero un album sorprendente per maturità, arrangiamenti, qualità di scrittura,
qualcosa che fosse arrivata dall'America avremmo gridato ad una piccola rivelazione.
Con una certa dose di ironia, senza piangersi addosso, le liriche di Lindgren
assumono torni dark ma sanno anche volgersi alla gioia, alla speranza, trovando
nei dettagli della sua vita on the road di musicista la chiave per superare
questo momento. Il disco ne guadagna enormemente, tanto è vero che rispetto al
doppio A Man You Can Hate del 2009, in questa occasione i contenuti sono molto
meno dispersivi. Dalla pianistica Reconsider Me,
in cui viene ancora una volta evidenziato l'amore di Richard per lo stile bohemienne
del primo Tom Waits, alla chiusura folk di New Year's
Eve abbiamo a che fare con uno storyteller di catogoria superiore,
assecondato dai suoni caldi e rootsy del produttore Magnus Nörremberg, nonchè
da musicisti locali di notevole spessore (tra questi di distinguono le chitarre
e lap steel di Jon Eriksson e il piano di Nils Bondesson).
Apprezzato
anche dalla collega Mary Gauthier (viene citata nel testo di I
Can I Went but I Don't Know Where I'm Going Now, incantevole folk blues
con piano boogie e mandolino) e con un profilo internazionale in crescita, Lindgren
si circonda di ballate elettriche sospese tra rock e soul (Hopeless Side of
Town, la splendida She's Already Gone),
un'atmosfera generale che guarda allo stile Americana, ma mantiene una propria
personalità: la melodia di If Only She Came Walking By,
un piccolo gioiello di cantautorato roots, è guidata dalla chitarra weissenborn
di Eriksson e dall'accordion dello stesso Nörremberg, strumento quest'ultimo che
ritorna nella successiva Losing My Bearings, più mossa e dagli accenti
country scuri, uno dei vertici dell'intero lavoro. Il suono della national di
Eriksson, con chitarre acutstiche e mandolino contraddistingue invece il tenore
country blues alla Ry Cooder di By My Lonesome (Dublin
Town), prima di avventurarsi ex novo in atmosfere nottune con Sunday
Tea Blues, dark blues in minore da autentico lupo mannaro, che dimostra la
grande versatilità di Grace. Sul finale tornano protagonisti i fiati nella dolcissima
Silver, ma soprattutto nell'affascinante, lenta danza mariachi di A
Slow Walk of Dreams, con profumi potenti di Messico e immagini da città
di confine. Una vera sorpresa.