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once upon a time in Americana Music di
Nicola Gervasini (05/04/2013)
Non
possiamo non provare una naturale simpatia per i Falling Martins e la loro
epopea musicale fuori dal tempo. Loro sono una band decisamente di impronta anni
90, scoperti guarda caso nel 2008 grazie a un bel doppio live (Live
At The Old Rock House) e "confermati" l'anno successivo da un disco
in studio (Shining
Bright) che, come succedeva spesso ai gruppi del giro HORDE di anni
fa, cercava nella varietà di stili la propria ragione di essere. Ci hanno messo
tre anni per concepire Highway 61 Northbound Blues, cd doppio ma
di durata poco superiore quei sessanta minuti che negli anni 90 sarebbero stati
nella media per un cd singolo, venti brani che passano in rassegna il rock americano
che fu dalla A alla Z.
La prima cosa da notare è proprio il fatto che
a dispetto della quantità, il disco pare molto più monolitico nelle soluzioni
del precedente, adagiandosi spesso e volentieri in un Americana-rock senza troppe
deviazioni che li rende i veri eredi di band come Say Zuzu o Hangdogs (per citare
nomi persi nei meandri di fine secolo). Scrittura affidata al leader Pierce Crask
(spesso coadiuvato dal bassista Rich Wooten), due cover che uniscono il nuovo
(una It's Gonna Come Back To You del Freedy
Johnston più recente di Rain On The City) e il vecchio (una programmatica Are
Your Ready For The Country? di Neil Young), e tanta, tanta mitologia
della strada, a partire da titolo, copertina e title-track che strizza anche più
di due occhi a Highway 61 Revisited di Dylan. Rispetto al passato c'è forse da
lamentare il molto meno spazio concesso al piano di Paul Tervydis che era stato,
soprattutto nella registrazione live, uno degli elementi più caratterizzanti del
loro sound, mentre stavolta molta più ribalta trovano le chitarre di Pierce Crask
fin da Illegal In China e Cadillac
Jack's che aprono le danze.
Come si può ben immaginare su venti
brani non tutto pare necessario (Long Hot Summer sa proprio di demo buttato
lì a far numero, Come Around sfrutta l'abusatissimo ritmo alla Bo Diddley
che sarebbe ora di vietare d'ufficio), e forse anche l'unitarietà di stile non
facilità la localizzazione dei pezzi forti, ma già fin dai primi ascolti si apprezzano
molto una Demon che sarebbe piaciuta allo
Steve Wynn di una decina d'anni fa e una Just Tell Me
che si fa subito canticchiare al primo colpo. Altrove si va sul sicuro tra riff-songs
da strada (One Day Girl), svisate psichedeliche (Surfers
Unite To The Sounds Of Sonic Youth, e già il titolo dice tutto…), blues
acustici (All The Things e Wait And See) country-songs scanzonate
(Went To The Zoo) o ballate epiche (Fading
Fast). Un repertorio classico che più classico non si può, realizzato secondo
i nuovi crismi dell'autoproduzione, senza colpi di testa a livello di soluzioni
sonore. E' un genere particolarmente in crisi di nuove vocazioni quello dei Falling
Martins, e loro sono rimasti tra i pochi che ci credono ancora. Teniamoceli stretti.