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country
folk di
Marco Restelli (29/06/2013)
Navigata cantautrice di Montreal, Lynn Miles è giunta al suo decimo album
con questo suo nuovo lavoro, affascinante a partire dalla copertina, coerentemente
in linea con il titolo: Downpour. Composto quasi solo da ballate
country folk elettro-acustiche, il disco presenta 11 pezzi che parlano esclusivamente
di sentimenti, ricordando molto la sua collega americana Eliza Gyilkison (che
tra l'altro, personalmente, adoro), sia nel timbro vocale che nella scrittura,
mai banale, dei testi. Direi che delicatezza e dolcezza espressiva sono il loro
pregio principale, che si evidenzia sin dall'iniziale e lentissima More,
nella quale la Miles ci presenta alla sua maniera la lista dei suoi desiderata,
attraverso il gioco di poetiche ed intriganti contrapposizioni (I want the whole
bottle not just a jar/ I don't want little I want a lot/ I don't want rain I want
down pour/ I don't want less I want more).
Nella piacevole midtempo Lesson
in Everything, invece, ci ricorda che dalla vita possiamo imparare
da ogni esperienza ma che, inevitabilmente, sono soprattutto quelle più dolorose
che ci fanno crescere di più (I'm gonna learn from the darkness/ and the pain
that it brings/ I know there's a lesson in everything). Il gioco degli opposti
continua nella "canzone della falena", Moth,
nella quale l'autrice, verosimilmente uscita con le ossa rotte da una storia d'amore,
da una parte promette la più totale arrendevolezza e disponibilità al suo futuro
uomo (quando e se ne ritroverà mai uno), ma dall'altra gli assicura di voler essere
lei il punto di riferimento principale della sua vita (I won'be the moth I'll
be the flame/ I won't be the track I'll be the train) o, nei casi peggiori, colei
che gli farà del male, piuttosto che il contrario (I'll be the needle/ not the
pain/ if I ever love again). Affilata come una lama di coltello.
Cito
ancora l'intima e un po' triste Love is Red
che si distingue per l'interessante vezzo di assegnare un colore a sentimenti
e cose, ma con riferimento al significato profondo che i colori stessi acquisiscono
nell'immaginario collettivo (life is black….love is red and tears are blue….the
sky was silver now it's gray, o ancora jelousy is bitter green) Gli episodi degni
di nota sono in realtà molti, fra i quali spiccano senz'altro la blueseggiante
Sad, la vellutata My
Road nonché la finale e malinconica Broken
Hearted, che confermano ulteriormente quanto Downpour meriti di essere
ascoltato con la dovuta attenzione, non fosse altro per apprezzare le storie di
vita che racconta, senza fronzoli e senza il timore di toccare il nervo scoperto
di chi, in quei versi, dovesse in qualche modo immedesimarsi. Prezioso davvero.