The Milk Carton Kids
The Ash & Clay
[
Anti/ Self
2013]

www.themilkcartonkids.com


File Under: new folk kids

di Fabio Cerbone (05/04/2013)

Qualcosa va storto ancora prima che partano le note di The Ash & Clay: quando la fama delle tue fonti di ispirazione precede la musica stessa, ci sono guai in vista. E per una volta non è la pigrizia dei recensori a tirare un brutto scherzo ai Milk Carton Kids, perché davvero qui non c'è passaggio vocale o intreccio di chitarra acustica che non rimandi a qualche lontana parentela folk. I nomi più gettonati all'ascolto di Snake Eyes, Years Gone By, Jewel of June o della title track sono naturalmente Simon & Garfunkel (i più facili eppure, ad una attenta lettura, i meno affini per spirito) e gli Everly brothers (in questo caso gioca soprattutto l'innocenza che traspare dalla registrazione), ma volendo restare al passo con i tempi, il vero trait d'union con l'intero revival folk è costituito dalla coppia David Rawlings e Gillian Welch, dei quali The Milk Carton Kids prediligono la scarna semplicità old time da vecchia America (Hope of a Lifetime), oltre ad un lavoro apparentemente spartano e in realtà complesso nell'intrecciare cantato e suggestioni country nelle chitarre (Heaven).

Il problema è che oltre questi segnali non si riesce proprio ad andare: Kenneth Pattengale e Joey Ryan, ragazzi prodigio della scena folkie di Los Angeles, hanno messo in un cantuccio le loro carriere soliste un po' arenate nei circuiti cittadini, facendo il colpaccio con un progetto comune che esprimesse una sorta di sublimazione di un'intera generazione acustica, la stessa che si è affacciata con prepotenza in questi anni (hanno seguito in tour Lumineers e Old Crow Medicine Show...). Dopo due dischi in totale autoproduzione (tra cui un live) e distribuiti gratuitamente sul web, la firma per la Anti ha sancito in qualche modo il salto di qualità, in termini di riconoscimento artistico e di pubblico. Al traino sono arrivate in questi mesi le presenze del duo nella colonna sonora dell'ultimo film di Gus Van zandt (Promised Land) e la partecipazione della stellina hollywoodiana Amanda Seyfried nel video di Honey Honey.

Queste in sintesi le tappe di un'immagine in crescendo, oltre all'idea di avere colto il momento più propizio: non è una colpa, sia detto chiaramente, ma quando l'esito di The Ash & Clay sono dodici cantilene che non hanno altre soluzioni da proporre se non la pura e semplice citazione è difficile convincersi della sincerità di questa musica. Amore, religione e società si attraversano nelle liriche di Pattengale e Ryan, con sguardo compassionevole e un'interpretazione che non si azzarda mai a uscire dal seminato: di questo passo la veste austera del disco, solo voci e chitarre, diventa estenuante e nel conteggio finale distinguere Whisper in Her Ear o Hear Them Loud è assai complicato. Con tutte le qualità che vanno anche riconosciute a struggenti canzoni come Memphis (che però pare una outtake di Gillian Welch), viene quasi voglia di strappargli quelle Martin e Gibson d'epoca orgogliosamente sfoggiate e mettergli nelle mani un paio di Yamaha fabbricate l'altro ieri: provate adesso a suonare qualcosa che sia veramente vostro!


     


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