Shawn Nelson
San Juan Street
[
Shawn Nelson Music  
2011]

www.shawnnelsonmusic.com
shawnnelsonmusic.bandcamp.com


File Under: country rock, texas troubadour

di Davide Albini (26/04/2012)

Un altro giovane songwriter da Austin? Calma, mettetevi comodi e vediamo di ragionare: d'altronde, come potrebbe spezzarsi quella catena di produzione infinita che da anni alimenta la scena roots cittadina, visto che non è mai venuto a mancare quel particolare rapporto fra maestri e allievi. Nel caso di Shawn Nelson dobbiamo subito citare il nome di Robert Earl Keen: stilisticamente questo San Juan Street è attraversato più volte da precisi riferimenti all'opera del suddetto, quel caratteristico intreccio di country rock d'autore, fragranze del border messicano e ballate folk. Inoltre i due si sono realmente conosciuti negli studi della Arista qualche anno fa, quando Nelson fece i bagagli per Nashville tentando la fortuna con un contratto esclusivo da autore. Nei bar della capitale del country fece anche la conoscenza di Guy Clark (una bella fortuna, caro Shawn!), che in una serata molto speciale (era appena morto l'amico Townes Van Zandt) insegnò qualche segreto sul songwriting al nostro ragazzo.

Sembra quasi una sceneggiatura: non so fino a che punto ci abbia ricamanto sopra Shawn Nelson e poco importa, di fatto però dopo un ritorno ad Austin, un paio di band fatte e disfatte (Frontage Road e Crazy Chester) e tre dischi di cui uno dal vivo al famoso club cittaino Antone's, è arrivato oggi il momento di raccogliere tutte le idee. San Juan Street in effetti mette molta carne al fuoco, a cominciare dalla produzione di Joel Guzman (Joe Ely band) e dalle partecipazioni di Matt Slusher e Will Dupuy (South Austin Jug Band) e di Trisha Keefer (The Trishas), quest'ultima spesso un elemento chiave al fiddle. Più di un'ora e quattrodici brani in scaletta finiscono inevitabilmete per essere molto generosi e ingombranti: un errore dettato forse dalla voglia di mettersi in mostra, perdonabile perché in fondo Shawn Nelson ha la stoffa per emergere in città e probabilmente nell'intero Texas, con quel ruspante passo honky tonk in Nobody Got a Hold on Me e Anna Lee e qualche melodia azzeccata (More than California, dolce ballata country).

Siamo posizionati dunque nel solco dei più classici troubadour texani, magari senza le vette di scrittura del citato Clark, ma in quell'onesto gruppo di inseguitori che portano l'acqua e fanno il lavoro dei gregari: Dreams in the Desert con mandolino e accordion evoca le storie di confine, Down There rispolvera il country elettrico più scopiettante e rurale, I Can't Hide è genericamente più rock, mentre Mercy conferma la facile propensione di Nelson per ottime melodie tradizionali. Nel finale c'è anche spazio per qualche episodio un po' più "sperimentale" e fuori dai canoni roots: Hollow Moon ad esempio, dall'ambientazione vagamente soft rock tardi anni Settanta, oppure Daydreamers, ritmica di impronta reggea. Fanno parte, come anticipato, di quella smania di buttare dentro molti, troppi stimoli. Va bene così Shawn, la strada è quella giusta.


   


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