Martha Redbone Roots Project
The Garden of Love: Songs of William Blake
[
Blackfeet productions
2012]

www.martharedbone.com
martharedbonerootsproject.bandcamp.com


File Under: appalachian roots, Americana poetry

di Davide Albini (23/01/2013)

Impossibile negare l'appellativo di Roots Project al nuovo lavoro di Martha Redbone, sentite un po' qui: sangue in parte nativo (Cherokee, Choctaw e Shawnee) e in parte afro-americano, una famiglia originaria della regione appalachiana, la ragazza è cresciuta con i ricordi ancestrali della sua gente (Virginia e Kentucky soprattutto), quindi allevata dai ritmi urbani di New York, dove si è trasferita. Con l'aiuto di John McEuen (Nitty Gritty Dort Band) e di musicisti come Byron House (contrabasso), Mark Casstevens (chitarre, armonica) e David Hoffner (organo, piano, accordion) è volata a Nashville per registrare The Garden of Love, omaggio in chiave Americana e folk blues alle poesie visionarie di William Blake, tra i più influenti poeti romantici inglesi del primo Ottocento. Davvero niente male come biglietto da visita, al quale si aggiunge la bellezza in sé di queste dodici ballate, antologia che ricorda un po' le ambizioni (più in piccolo, visto la durata di poco superiore alla mezz'ora) di Natalie Merchant con il suo Leave Your Sleep del 2010.

Scorre dunque una bella fetta della storia americana nella vita della Redbone, un'artista coraggiosa che è passata dalla sua formazione di musicista black, con un paio di album a carattere r&b e funky (l'esordio Home of the Brave e Skintalk, grazie al quale si è aggiudicata un 'Independent Music Award' nel 2007), al sound rurale di The Garden of Love. Non chiamatela però bluegrass music, come ci tiene giustamemnte a precisare Martha: credo che abbia ragione, perché la musicalità di Hear the Voice of the Beard e How Sweet I Roamed, come della stessa title track possiede un respiro molto più ampio, abbracciando country, piedmont blues, folk dei nativi americani (A Dream, con il flauto di David Amram e il canto seminole di Lonnie Harrington, e ancora il recitato di Jonathan Spottiswoode in Why Should I Care for the Men of Thames) e naturalmente riferimenti espliciti alla tradizione appalachiana, che la Redbone vuole evocare attraverso i versi di Blake.

Non a caso sono state scelte, dalla copiosa produzione di quest'ultimo, poesie che potevano evocare la vita, le passioni, l'amore e il senso di comunità del sud americano: ad esempio nel dolcissimo gospel di I Heard and Angel Singing e in quello più ritmato di I Rose Up at the Dawn of Day, nel canto a cappella di The Ecchoing Green e Sleep Sleep Beauty Bright, mentre il suono agreste di On Another Sorrow, con il banjo di McEuen, ricorda le opere della leggenda Ralph Stanley con i Clinch Mountain Boys. Un disco di melodie antiche e di suggestioni folk pre-belliche che non ha nulla di pedante o peggio accademico, una muisca dal profondo afflato umano, che non a caso sceglie un poeta "libero" e idealista come Williams Blake per richiamare i valori eterni della prima gente americana…quando ancora l'America era soltanto un'idea da fondare.


    


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