Markus Rill & The Troublemakers
My Rocket Ship
[
Blue Rose
2013]

www.markusrill.net


File Under: roots rock, Americana

di Davide Albini (18/05/2013)

Di strada ne ha fatta Markus Rill, a partire dal suo esordio autoprodotto nel 1997 fino ad una lunga trafila di incisioni ed esperienze che lo hanno condotto persino nel cuore dei suoi affetti musicali, quell'America tanto sognata (e suonata) che lo ha visto collaborare con musicisti di Nashville e portare le sue canzoni in tour per il mondo. L'unico artista tedesco da anni presente nella scuderia della Blue Rose - quasi un motivo di orgoglio ricordato a più riprese - vanta una discografia ormai copiosa e un certo rispetto dentro e fuori i confini nazionali. Certamente è una delle voci Americana più credibili presenti sul continente europeo, non solo per la qualità media della sua produzione, ma anche per una voce che nel corso degli anni si è fatta sempre più rauca e profonda, con una predilezione per un songwriting dai toni chiaroscuri, dove canzone folk e country d'autore si sono mescolati alle sue prime passioni, quelle di un rocker dell'anima.

My Rocket Ship in tal senso lo segnala in ripresa dopo l'incartato e prevedibile Wild Blue & True, lavoro che segnava una sorta di ritorno in patria (registrato con musicisti locali dopo stagioni passate negli States) adangiandosi su toni acustici un po' troppo auto-indulgenti. Questa volta il lavoro di squadra con il combo ribatezzato The Troublemakers sembra avere prodotto esiti più compatti, anche se non usciamo dai binari di un roots rock pacato e cantautorale, mantenendo un sound live e immediato. Più in generale c'è un'intesa maggiore sulle tonalità bluastre, malinconiche delle sue ballate elettriche, alle quali My Rocket Ship aggiunge una varietà di umori che in passato avevano fatto difetto a Markus Rill. Richiamando il Texas di personaggi quali Jimmy Lafave e Ray Wylie Hubbard e certa Americana dai sapori hillbilly rurali alla Malcolm Holcombe, l'album alterna sussulti alternative country con tanto di fiddle e mandolini (l'apertura di Free to Fly) a ballate che riportano a galla l'educazione blue collar del personaggio (The Facts About my Life, Never Come to Know). Scegliendo i colori bluesy di Edge of Nothing e gli orizzonti country malinconici della stessa My Rocket Ship, Rill esalta la sua voce cruda e imperfetta (ma adatta come un guanto allle immagini evocate dallo stile musicale) e mantiene aperti molti spazi per i Troublemakers.

Tra questi ultimi le chitarre assortite di Felix Leitner e l'organo di Jan Reinelt assumono un ruolo centrale nel tracciare le sfumature del disco: misurato, magari poco propenso ad uscire dai sentieri della tradizione, ciò nonostante perfetto nel vestire le liriche intime di Rill, spesso portato a mettere su carta le sue esperienze personali, riflessioni sul tempo e la crescita, con attenzioni per i dettagli dell'anima. Quando tutto si allinea al punto giusto escono allo scoperto anche piccole sorprese (il leggiadro afflato soul di When the Night Calls, lo scuro country per banjo e accordion di One Fix or Another, il secco battito rock blues di Way Down), altre volte si viaggia più semplicemente nel ligio rispetto delle regole del buon songwriting Americana, il che non costituisce necessariamente una colpa. E poi da uno che chiude sulle note di un ricordo come The Late Great TVZ (dedica all'ultimo Townes Van Zandt, conosciuto da Markus pochi mesi prima della tragica scomparsa) c'è da aspettarsi solamente sincerità e dedizione alla causa.


      


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