Shovels and Rope
O' Be Joyful
[
Dualtone
2012]

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File Under: gothic americana

di Fabio Cerbone (29/11/2012)

Il nome richiama instintivamente un'America a tinte nere, pale e corda per scavare una fossa e infine calare una bara di ballate folk o qualcosa di simile. Non cadiamo lontani dalla verità, anche se la musica di Shovels and Rope offre sfumature e digressioni che escono dal semplice recinto della cosiddetta tradizione delle 'murder ballads', abbracciando in generale l'idea di una roots music dal forte accento sudista ma con un occhio di riguardo alla modernità. È pur vero che il loro debutto omonimo aveva tutte le intenzioni di rispolverare un immaginario da vecchia America: sono loro stessi a descriverci quelle canzoni come un groviglio di caratteri, tra vittime e carnefici, dove alcuni stanno appesi agli alberi (Rope, la corda) mentre altri smuovono la terra (Shovels, le pale).

O' Be Joyful
, se non altro cominciando da un titolo un po' meno inquietante, trasmuta queste "passioni" in un album che ha il sapore dell'hillbilly music più torbida e dell'Americana di oggi senza per questo suonare passatista a tutti i costi: l'effetto è piuttosto quello di una coppia di musicisti dalla formazione punk alle prese con la musica dei padri. È la stessa storia di Shovels and Rope a definire i contorni del loro stile: coppia artistica e nella vita, Michael Trent e Cary Ann Hearst sono l'anima della formazione, lui proveniente dall'esperienza indie rock dei Films, lei folksinger dall'afflato gospel, rivelatasi poco più di un anno fa con l'interessante Lions and Lambs (un singolo, Hell's Bells, finito nella colonna sonora della fortunata serie True blood). Si sono formati nel 2010 a Charleston, South Carolina, dopo una frequentazione decennale lungo le strade del Deep South: l'effetto ricade su Birmingham e Keeper, duetti che affondano nella tradizione country come se i White Stripes avessero staccato la spina, prestando più attenzione alle parti vocali e meno alla virulenza dei riff. Il parallelo ha ancora più senso quando partono le note febbrili di Hail Hail, un rock'n'roll tribale con assolo inaspettato di tromba, oppure fra le trame garage blues al rallentatore di Tickin' Bomb, episodi in cui sale a galla la ritmica scheletrica e l'atmosfera radicale della band.

Ampliati dalle sporadiche collaborazioni di Joel T. Hamilton (banjo), Amanda Shires (violino) e Bill Carson (chitarre), Shovels & Rope ricordano in verità con una precisione che sfiora quasi l'identità i trascurati Blanche di Dan Miller (guarda caso amico di Jack White), altra formazione alle prese con un'America dai colori gotici e una fresca rivisitazione della memoria folk. Simili gli argomenti musicali, invitanti anche se non inediti gli intrecci vocali, fra la stentorea interpretazione della Hearst e quella più dimessa del compagno Trent: quando si infiammano (il country gospel di O' Be Joyful, il galoppare country blues di Kemba's Got the Cabbage Moth Blues, i riverberi western di Cavalier) c'è davvero da divertirsi, mentre nei toni smorzati e malinconici di Carnival o fra le maglie scure di Shank Hill St. affiora certamente una maniera che li colloca nel solco delle altre esperienze citate. Ad ogni modo intriganti e talentuosi.


    


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