Too Slim and The Taildraggers
Blue Heart
[
Underworld Records
2013]

www.tooslim.org


File Under: rock blues

di Marco Poggio (07/11/2013)

Dopo la solitaria parentesi del precedente, acustico, Broken Halo, Tim Langford, aka Too Slim, torna oggi ad imbracciare la propria sei corde elettrica, in un nuovo album, Blue Heart, che ha tutti i numeri per essere annoverato tra gli episodi più riusciti della sua recente produzione discografica, e non solo. Discografia fattasi, nel corso di una venticinquennale carriera, più che corposa, riuscendo a mantenere, al contempo, uno standard qualitativo piuttosto elevato, come peraltro ribadito dall'incetta di premi fatta dal nostro, ogniqualvolta presentatosi con un nuovo lavoro a proprio nome. Accompagnato come di consueto dai, perlomeno nominalmente vista la labilità della loro line-up, fidi Taildraggers, anche in questa ultima sua fatica, a far bella mostra di sé, troviamo un muscolare blues rock di matrice texana, tanto debitore della lezione impartita dagli inossidabili ZZ Top, quanto prono, quasi in adorazione, di fronte al santino musicale di Stevie Ray Vaughan.

Registrato in quel di Nashville sotto l'egida di Tom Hambridge, impegnato anche dietro ai tamburi, Blue Heart si discosta tuttavia, almeno in parte, dal precedente vagito elettrico Shiver, accantonando gli inserti fiatistici di quest'ultimo, in favore di una maggior compattezza, da sempre, d'altronde, elemento peculiare del modus operandi del chitarrista di Spokane. A "pompar" ancor di più la muscolatura sonora del nostro, troviamo in quest'occasione una coesa sezione ritmica composta dal summenzionato Hambridge, e dal bassista Tommy McDonald, ai quali si va ad aggiungere uno sparuto manipolo di ospiti, quali l'organista Reese Wynans, il chitarrista Rob McNelley e l'armonicista Jimmy Hall.

Un muro di suono, quello prodotto, dalle granitiche fattezze tanto nell'opener Wash My Hands, nerboruto texas blues strizzante l'occhio proprio al barbuto trio di Houston, quanto nei clangori metallici, opera del bottleneck del titolare, di Preacher. Di più canonica manifattura bluesy è la title track, rigoroso shuffle ove spicca il soffiare dell'armonica di Hall, il quale dà saggio anche delle proprie capacità vocali nell'avvolgente slow Good To See You Smile Again, dove si avverte maggiormente anche il lavorio ai tasti di Wynans. D'ascendenza vaughaniana è invece New Years Blues, con la rovente sei corde di Langford a ripercorrere i solchi tracciati dall'illustre predecessore, prima di smorzare i toni nella conclusiva Angels Are Back, figlia "bastarda", con le sue tetre trame elettroacustiche, di quel Broken Halo menzionato inizialmente. Rock blues a marchio DOC quello contenuto in Blue Heart, adatto sicuramente a palati affini alle "piccanti" sonorità di texana provenienza, ma che saprà oltremodo stuzzicare anche le più esigenti papille gustative.


   


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