File Under:
singer-songwriters,
country folk di
Christian Panzano (21/09/2013)
Un hobo teatrante, un po' profeta e borderline, Will Varley ha un'ascendenza
country-folk fortissima e pregnante che colora tutto un tessuto di semplici armonie.
Il primo nodo che balza agli occhi è con il classic rock, col verbalismo dylaniano
e le radici tematiche à la Seeger o à la Arlo Guthrie. Il libro delle note che
qualsiasi pischello inizierebbe a suonicchiare, alle prime armi con la musica.
Ci si sente sfiorati da libecci che rapiscono un rossore adolescenziale, ma è
la strada, quella battuta da Will ovviamente, che prova a rivivere immediata.
Blood and Bone come Weddings
and Wars affondano il dorso in bettole di quart'ordine dall'aria miasmatica
e dalle boccie sempre sozze. Dietro ogni filiazione si defila un tratto di pennarello
grigio cezanne. C'è una taverna irrispettosa del pubblico decoro dietro un brano
dinoccolato come Self Checkout Shuffle che
insiste su un rockabilly à la Cochran, c'è un suono che si preferirebbe infranto
dietro le cadenze pericolanti di Soldiers on the Wall. C'è un tregua autunnale
dietro un brano come She's Been Drinking o un caffè bello caldo dietro
la spinta stagionale di As the Crow Flies
che offre il titolo a questo secondo album del cantautore inglese. Potrebbero
apparire passatiste certe consonanze, azzeccate non c'è che dire, come quelle
che rimbalzano nel lettore mentre si ascolta la short story dylaniana di
I Got this e-mail che priva delle implacabili metafore del poeta di
Duluth, è comunque un abbozzo poliedrico e ricco di balzelli figurativi.
Nondimeno
Will possiede anche altri accenti, altre geremiadi contro cui semichiude un'anta.
Esempi: si potrebbero scovare crepe in minore che da Joni Mitchell arriverebbero
sui confini della vita annegata di Jeff Buckley, il canto in sordina crescerebbe
su dei fondali che da Nutini si lancerebbero a piè pari sulle gambe giovani di
una Rachel Sermanni o di una Iris Dement. Ma poi non si finirebbe di appiccicarci
su troppi stickers. Questo secondo lavoro di Will Varley ha un bel tiro e un buon
respiro in pancia. È prodotto con la passione di chi registra fissando più gli
occhi dell'autore che crea magari improvvisando, che sentendo l'esattezza delle
sue intonazioni. Scritto, forse di getto, per cercarsi e ritrovarsi in qualche
verso ballato senza pensarci su tante volte, senza poter dare al tempo l'occasione
di fermare l'attimo proprio mentre sta per morire.