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old time blues, southern roots di
Marco Poggio (04/05/2013)
Molti,
in passato, per trovare la propria, metaforica, "strada", hanno dovuto preparare
le valigie e percorrere non pochi chilometri. Questo, come la biografia di molti
bluesmen insegna, vale anche, se non soprattutto, in ambito musicale. Proprio
di quest'ultimi pare un moderno epigono Luke Winslow-King, originario di
Cadillac, Michigan, sperduta cittadina ben presto abbandonata per stabilirsi,
alfine, in quel di New Orleans. Un rapporto, quello con la Crescent City, divenuto
quasi simbiotico, con il nostro a bazzicare sempre più spesso i locali del French
Quarter, prestando i propri servizi musicali, tra gli altri, a John Boutte e "Washboard"
Chaz Leary. Una necessaria gavetta verso una carriera solista arrivata oggi con
The Coming Tide al traguardo del terzo album, nonché esordio per
la Bloodshot Records.
Una discografia caratterizzata da un continuo crescendo
creativo e qualitativo, con punte di eccellenza nel precedente Old/ New Baby,
sulla falsariga del quale è stato scritto anche quest'ultimo parto discografico.
Là dove però il predecessore presentava una più marcata influenza musicale della
Big Easy, in The Coming Tide assistiamo ad un'apertura verso stilemi blues di
derivazione deltaica e architetture melodiche di stampo folkie. Del recente passato
permangono invece la perizia del nostro sulla propria sei corde, a tradire la
sua imberbe età anagrafica, e un songwriting capace di riportare a nuova vita
i fantasmi sonori della tradizione afroamericana, infondendo in essi la propria
rilucente personalità. Winslow-King si avvale del consueto manipolo di preparati
musicisti, ai quali si aggiunge, in questo frangente, la compagna Esther Rose,
fondamentale, tanto per il suo contributo nel creare empatiche armonizzazioni
vocali, quanto nell'infondere al tutto, con il grattare della sua washboard, un
tocco Old Time.
Un'atemporalità musicale che pervade la title track con
la quale, su di una sincopata sarabanda ritmica in odore di Second Line, ci addentriamo
proprio nel French Quarter, prima di ritrovarci, sulle note di un piano, nel saltellante
ragtime Moving On (Towards Better Days), seduti
in uno dei locali che affollano lo stesso, dove un'orchestra d'altri tempi si
destreggia, in Let 'Em Talk, tra gli sbuffi
jazzy dei fiati e lo strascicato ciondolare ritmico della washboard. Soave valzer
è Staying In Town, con le due voci ad unirsi
in un matrimonio armonico perfetto, mentre con I've Got The Blues For Rampart
Street viene omaggiata l'opera di una delle più eccelse cantanti afroamericane,
Ida Cox. Un amore, quello per il blues arcaico, che traspare tanto dal flavour
gospel della johnsoniana Keep Your Lamp Trimmed And Burning, quanto dall'oscura
rivisitazione della Ella Speed di Huddie Ledbetter,
fino ad una conclusiva I've Got My Mind Set On You,
con un lavoro sul bottleneck degno del miglior Ryland Cooder. Un musicista dal
talento sopraffino Luke Winslow-King, del quale The Coming Tide è l'ennesima,
splendida, testimonianza sonora.