File Under:
scandinavian folk di
Fabio Cerbone (30/06/2014)
Un
bel gruppo di famiglia, una dozzina di musicisti ritratti all'interno del libretto
davanti ad una vecchia scuola nel villaggio di Lur, sud della Svezia. Il bianco
e nero non rende giustizia, pare, al rosso vivo del legno, le mura che hanno ospitato
per diversi mesi la musica di questo progetto musicale, nato intorno alle canzoni
del songwriter locale Peter Thisell. Si tratta del primo episodio di una trilogia
di album, che dovrebbero vedere la luce nei prossimi mesi: il secondo capitolo,
già registrato nel 2013, sarà pronto per la pubblicazione alla fine di quest'anno.
I riporta al tempo delle prime incisioni, estate del 2010, che
l'olandese Continental meritatamente recupera in questi mesi con una distribuzione
sull'intero mercato europeo.
È una bella scoperta per chi resta ancora
affascinato dal folk rock più magniloquente e tormentato, da ballate fragili e
bagnate da continui riverberi che ricordano la malinconia di certo suono indie
rock americano (My Morning Jacket per l'utilizzo del falsetto nel canto, Mercury
Rev per alcune delicate orchestrazioni, naturalmente il padre putativo di tutti,
Neil Young, per una evidente inquietudine di fondo) e per questo non rinnegano
la tradizione, tra spunti che sfiorano anche il sapore aspro del country rurale
(Bad Time). Gli elementi caratterizzanti del sound dei Thisell sembrano
essere il violino struggente di Karin Wiberg, il piano di Martin Hjort, a volte
l'impasto roots dell'accordion di Jonathan Larsson, capaci di trascinare le melodie
meste di Could You e Into
Hidden in territori familiari per chi ha frequentato un preciso universo
folk indipendente di queste stagioni. La spontaneità e l'amalgama delle incisioni
deriva dalla presa diretta, una sorta di lunga jam che è avvenuta tra microfoni
e stanze adattate a studio di registrazione, mentre i singoli musicisti hanno
respirato la stessa aria e condiviso ogni singolo momento della giornata.
Si
percepiscono le intenzioni di Peter Thisell e l'obiettivo a cui voleva giungere:
pare vi sia riuscito lasciando fluire le emozioni nell'elettrica, solenne Lay
Here, con versi concisi, un po' trascendenti e vagamente naif che in
fondo riflettono la delicatezza stessa della musica di questi musicisti svedesi.
Che la terra scandinava sia assai ricettiva per un'intero mondo che ruota inforno
alle forme del folk elettrico, dell'alternative country, di certa canzone d'autore
nord-americana non è un segreto di oggi. Le cadenze da triste walzer di My
New Best Friends, che piacerebbe parecchio a Garth Hudson (potrebbe
essere il loro prossimo produttore...un consiglio spassionato), la disperata e
nostalgica melodia tracciata da pianoforte e violino in Over Years, Over Time
e la chiusura con Towards the Warmth of Life
sono qui a dimostrarlo. Un lavoro affascinante e virato in bianco e nero come
conferma la copertina.