John Isaac Watters
Campanas
[
John Isaac Watters 2013]

johnisaacwatters.bandcamp.com

File Under: indie country-folk

di Christian Panzano (09/01/2014)

Piace pensare a un canto nella solitudine totale, quando poi ce n'è quasi sempre poca perchè si finisce sempre per essere disturbato dal roboare di una Buick o dal pensiero di "a chi toccherà farmi alloggiare stasera?". Do un po' d'aria alla chitarra, l'ugola s'è appena ripresa dopo 200 miglia di silenzio, non un uomo alle stazioni di servizio, non un camionista a salutare dalla corsia opposta, non una graminacea ad assecondare i miei stivali. Il primo pensiero va alla rabbia, quella rabbia abrasa e cisposa che ti si appiccica nelle mattine metropolitane, ora lontana parecchi Stati (Are You Nervous). Vado di matto per Nebraska del Boss, poi mi viene in mente che quella solitudine, per l'appunto, è solo ora, e calcolo male le distanze, mi parte un magone disinvolto, cioè che scopre la smania che ci si porta dietro anche se la si vuole scaricare sul primo binario marcescente (Outside the Bar in Winter) no so se ho reso l'idea. No, non mi pare vero di essere scappato via da quel cesso carico di certezze, cose di mia proprietà, casa-lavoro-casa e poi birra rossa con gli amici al Formosa cafè a ovest di La Brea il venerdì sera e notti impilate su notti (Regman).

So di non essere proprio una sfinge quando canto, ma a me piace così e credo di poter dir molto rispetto a tanta carcassa di quest'America tutta patinata in cent'anni di country e bistecche. Sono arrivato al motel, la signora in reception mi parla di conigli che saltellano la notte dentro la testona dei cedri che cinturano il retro delle stanze, quindi mi dice di non preoccuparmi chè sono innocui se provo a non darli retta e io le credo, in fondo mi sembra una brava persona. Mi scappa di pisciare e invece corro al bar per un bicchiere di southern comfort. È strano, sono appena arrivato e già mi vien voglia di suonare, il concerto in fondo è proprio domani e forse dovrei iniziare a prepararmi. Il bar è pieno di bella gente, ragazzini che giocano a biliardo e le bilie brillano nella loro resina appena tirata a lucido. Pare di essere piombato in una scena de "Il colore dei soldi". Esco fuori a respirare un po' di aria di campagna (Ships Don't Sail) e credo di sentire una voce femminile provenire dal fondo del viale semialberato, non proprio ragazzina e neanche troppo adulta, sulla 25ina scarsa. Il canto ritmato si dà dei toni ogni minuto e diventa un ritmo così folgorante che i piedi miei, dopo quattro ore di guida stanchi come sono, iniziano a battere il tempo, poi mi desto dal sogno perchè mi accorgo di essere spiato e deriso da una coppia di redneck. Quella nenia appena sentita però diamine se mi ha fatto arrapare, sembrava di quella bellissima cantante scozzese, come si chiama? Ah si, Isobel Campbell! Un fraseggio twee e una misura così dolce da rendere ventilata questa serata troppo poco ciarliera (One I Have Always Love).

Ho in mente una melodia, sapete faccio un lavoro in cui c'è bisogno di usare tanto ingegno e di saper minimizzare gli errori, insomma sul curriculum bisogna necessariamente trattenere una gran faccia da culo. Dicevo, stavo pensando a un giro di chitarra particolare con qualche tintinnio che mi infastidisce la schiena, lo ascoltavo qualche mese fa su El camino real per ritornare a L.A. e credo fossero i Bright Eyes con Hot Knives, ma la radio cambiava continuamente stazione per via dei tratti di strada, forse qualche segnale che si faceva fatica a prendere. Ho pensato a quel gran figlio di buona donna di Ferraby quando canta di magia e di essere solo baciato per un po' e ho capito quel giro che avevo in mente da dove poterlo tirar fuori, una specie di jingle pub (Just a Tomb). Credo andrò in branda adesso, questo bicchierone mi ha steso o sarà stato il viaggio e le ore a pensare senza parlare della città, di quegli orsi che la abitano. Mi sono chiesto se da bambino non avessi mai avuto qualche strana fobia per i conigli e non sono riuscito a darmi una risposta. Ho iniziato a pensare a questo cuore di continente così debole, non più forte come me lo ricordavo da piccolo, come forse pensavo che fosse, così pieno di cattedrali, ora così minuscolo nei nostri cuori. Ne ho immaginata una mia alta e perigliosa, con le guglie verso il cielo. Non mi va di prestarla a nessuno. La prossima settimana ho un giro da fare all'Hyperion di fianco a Banh mi e poi domani sera con un po' di immaginazione...in questa landa sperduta senza mappa e mare a far da accordatore della mia vita (Cathedral).



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