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the past is just a dream di
Yuri Susanna (09/01/2016)
Pur
non avendo pubblicato alcunché sotto la sigla del loro gruppo-madre, i componenti
dei Real Estate - in sordina, senza disturbare, come del resto è nella loro natura
votata all'understatement - non sono stati certo parchi nel dare segnali di sé
in questo 2015 che ci siamo appena lasciati alle spalle. Sia il chitarrista Matt
Mondanile sia il bassista Alex Bleeker hanno mandato in stampa nuovi capitoli
dei loro progetti trasversali di lungo corso (rispettivamente Ducktail e Alex
Bleeker and The Freaks), mentre l'autunno inoltrato ha visto finalmente l'attesa
uscita solista (la prima) di quello che può essere considerato il frontman della
band di Ridgewood, New Jersey. Martin Courtney, potenzialmente libero dalle
trame jangle pop postmoderne della sua creatura, invece di battere sentieri alternativi
sceglie di restare invischiato nella familiare ragnatela di arpeggi post-byrdsiani
(la piccola gemma Asleep), ballate crepuscolari
(c'è l'imbarazzo della scelta: a noi pare che Foto sia in qualche modo
la più rappresentativa del lotto) e languori suburbani (Airport Bar e Northern
Highway sono emblematiche fin dal titolo).
Insomma, non fosse
per l'assenza di tre quinti dei Real Estate (solo il tastierista Matt Kallman
è coinvolto nel progetto), nessuno si sarebbe stupito se Many Moons
avesse visto la luce come quarto lavoro in studio della band. E sarebbe stato
un altro bel centro, peraltro. Gli scarti sono davvero minimi, a livello sonoro:
qualche accenno di fuga verso il folk californiano dei Settanta, come le stratificazioni
armoniche vagamente CS&N di Vestiges, è subito
ricondotto alle elucubrazioni circolari, alla psichedelia soft, alla sensibilità
indie filtrata da un revivalismo decentrato non solo nel tempo ma spesso anche
nello spazio (quanto suonano veri, certi manufatti di post-new wave britannica
come l'iniziale Awake o la fresca Little Blue,
con quel riff che inorgoglirebbe Johnny Marr…), che hanno fatto la fortuna (meritata)
dei Real Estate.
E se a volte il ritmo si fa più frizzante, non bastano
comunque gli echi dei Big Star in Northern Highway a incrinare il generale
mood riflessivo del disco, cui il produttore del disco Jarvis Taveniere (multistrumentista
membro dei Woods) aggiunge piccoli tocchi che si rivelano ascolto dopo ascolto.
Dove emerge una vena più personale, che rivela il carattere cantautorale del'album,
è invece nei temi delle liriche, nelle quali il fresco trentenne Courtney prova
ad esorcizzare lo scorrere del tempo e a fermarlo in istantanee di ricordi cha
hanno il sapore asprigno della gioventù perduta. Una ossessione dolceamara che
permea di sé la gran parte delle canzoni ed è ben sintetizzata nell'affermazione
che marca il chorus di Foto: "The past is just a dream". Da solo o con
i Real Estate, Martin Courtney sta raggiungendo un po' alla volta il suo obiettivo:
creare il disco perfetto per i pomeriggi domenicali uggiosi e indolenti.