Michael Nau
Mowing
[
Suicide Squeeze/ Goodfellas
2016]

suicidesqueezerecords.tumblr.com

File Under: lo-fo melodies

di Fabio Cerbone (10/03/2016)

Gratta gratta, sotto la superficie a "bassa fedeltà" di queste indifese ballate da cameretta si scopre il talento melodico di Michael Nau, uno di quegli autori che sembrano assemblare musica e testi con indolenza e precarietà, salvo uscire allo scoperto strada facendo, ogni volta offrendo un piccolo dettaglio, un passaggio musicale azzeccato. Si impone così il fascino poco appariscente di Mowing, esordio solista per questo songwriter di Baltimora, Maryland, che per anni ha legato il suo nome a diverse creature dell'universo indie rock regionale.

In principio furono i Page France, quartetto con un paio di lavori bene accolti dalla stampa specializzata, pubblicati dalla stessa Suicide Squeeze del qui presente Mowing. Quindi i Cotton Jones, progetto nato come una sorta di estemporanea filiazione del precedente, ma in chiave più folkeggiante e psichedelica, così narrano le cronache, insieme alla compagna Whitney McGraw. Quest'ultima la ritroviamo coinvolta, con la sua vocina fanciullesca, in alcuni episodi dello stesso Mowing, album che raccoglie lungo il tragitto demo, bozzetti e canzoni rimaste fuori dal percorso obbligato di una band, evidentemente troppo personali, morbide e meditative per non reclamare uno spazio a parte. Nau lo ricava rielaborando diverse idee e dando forma più compiuta a undici brani che hanno il dono delle cose fatte in casa, ma non si fermano a una sterile estetica lo-fi: c'è un malcelato desiderio pop tra le pieghe di The Class e Smooth Aisles, ballate che assemblano radici folk, ritmi da bossa nova e variazioni da lounge music con una naturalezza che fa dimenticare l'arruffata veste sonora, colorata dagli interventi di Will Brown alle tastiere e marimba (sentitelo nell'eccentrica Maralou).

È una musica un po' impressionista, qualche volta sfuggente, quella che ci offre Michael Nau e farà ammattire tutti quelli che non sopportano questo immaginario delle piccole cose, ma nell'apparente torpore delle melodie si nascondono spesso dolcissime canzoni: So, So Long per esempio, "lennoniana" fin nelle ossa, la fragile apertura a tinte bucoliche di While You Stand, o ancora la scheletrico pop rock di Unwound, che possiede un'anima onirica alla Velvet Underground, mentre la lunga cantilena di Good Moon, tra i momenti migliori del disco, pare un sorta di personale rilettura, sognante e delicata, della West Coast che fu.


    


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