Beechwood
Inside the Flesh Hotel
[Alive Natural Sound/
Audioglobe 2018]

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File Under: psyco garage pop

di Paolo Baiotti (07/07/2018)

Alcuni anni fa due sedicenni di New York, Gordon Lawrence (voce e chitarra) e Isa Tineo (voce e batteria), accumunati dalla passione per lo skateboard e la musica punk e garage, decidono di formare una band aggiungendo il bassista Sid Simons. Come scelgono il nome Beechwood? Semplice… è la via dove viveva Gordon da piccolo. La musica canalizza la loro aggressività, togliendo i ragazzi dalle strade della metropoli dove sicuramente avrebbero combinato guai maggiori. Nel 2014 pubblicano Trash Glamour, esordio indipendente uscito solo su cassetta e in download; aprono per qualche band più conosciuta come i Murphy's Law e si creano una reputazione di irruenza e incisività punk, mischiata a suoni garage con influenze psichedeliche.

Queste caratteristiche attirano la Alive che li ingaggia, pubblicando nel gennaio 2018 il secondo album Songs From The Land Of Nod, seguito pochi mesi dopo da Inside The Flesh Hotel, un disco nel quale alle precedenti influenze si aggiunge una venatura pop non secondaria. La voce di Gordon non è molto potente, anzi, spesso assomiglia ad un sussurro che emerge dal suono rabbioso della chitarra e della sezione ritmica, come nella cadenzata opener Flesh Hotel, garage-rock aspro che cambia ritmo nell'inquietante e angosciante parte finale e nella successiva Boy Before, debitrice dei Velvet Underground sia nel suono sia nel modo di usare i controcanti. Il delizioso power pop Amy è cantato con una morbidezza sognante che si fonde con il suono del trio, mentre il glam rock alla T-Rex di Bigot In The Bedroom ha il testo più provocatorio e politico del disco nei confronti dell'attuale amministrazione americana.

Le qualità messe in mostra in questo promettente inizio non mancano anche nei brani successivi, dal pop psichedelico di Over On Everyone e dell'eterea Up And Down al rabbioso strumentale Nero che ricorda i vecchi Stooges, dall'intrigante garage-rock di I Found You Out al glam della trascinante Sucker, fino alla love song pianistica I Don't Blame You Anymore. Si chiude con Our Love Was Worth The Heartbreak, ballata stradaiola e un po' sballata che richiama il pop-rock inglese dei sixties. Un disco che scorre veloce e cresce con gli ascolti da parte di un trio giovane e affamato.


    


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