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James Yorkston & The Second Hand Orchestra
The Wide Wide River
[Domino recordings 2021]

Sulla rete: jamesyorkston.co.uk

File Under: folk rock orchestra


di Fabio Cerbone (05/02/2021)

Una barca che solca i mari del Nord e un’orchestrina folk a bordo, dalla Scozia in direzione della terra scandinava. Avevamo lasciato James Yorkston alle prese con i toni eterei e bucolici di The Route to the Harmonium, sorta di ricognizione su un’intera carriera spesa dal folksinger scozzese per tenere insieme la tradizione locale e traghettarla nel nuovo millennio. Lo ritroviamo oggi in The Wide Wide River con l’opera più corale e immediata della sua lunga produzione. Un album che fa della spontaneità, anche nella stessa registrazione, la sua chiave di lettura: tre giorni di incisioni in libertà, senza una sceneggiatura precostituita, con un gruppo di musicisti svedesi ribattezzati The Second Hand Orchestra, sotto la direzione dell’amico e produttore Karl-Jonas Winqvist, conosciuto da Yorkston anni addietro attraverso il progetto The Fence Collective.

Il risultato galvanizza ed espande lo spettro sonoro della sua musica, mai come in questa occasione votata ad una libertà espressiva nella quale il linguaggio folk lascia fluire atmosfere istintive, trame elettro-acustiche nelle quali The Second Hand Orchestra asseconda l’umore, ora gioioso, ora riflessivo, dello stesso Yorkston. Con la partecipazione, tra gli altri, di Peter Morén (Peter, Bjorn & John), Cecilia Österholm (nyckelharpa), Emma Nordenstam (piano e violoncello) e Ulrika Gyllenberg (l’onnipresente e determinante violino), The Wide, Wide River appare più il riflesso di uno scambio reciproco di sensazioni sonore che non il parto di un singolo musicista. La sola Ella Mary Leather, peraltro agrodolce e trascinante introduzione alle trame folkeggianti e collettive del disco, è stata presentata da Yorkston in anteprima alla Second Hand Orchestra. Tutto il resto insegue l’estro del momento, non restituendo affatto l’idea di una musica raffazzonata, semmai un sobbalzare di improvvisazioni e intrecci che rendono The Wide, Wide River l’esatto contraltare dello sperimentalismo che spesso ha guidato la produzione di James Yorkston (siamo in antitesi, per esempio, rispetto al progetto Yorkston/Thorne/Khan).

Qui l’impressione è semmai quella di avere a che fare con un dimesso e affascinante aggiornamento del lirismo dei Waterboys, una jam dalla cadenza indie folk della band di Mike Scott che si svela nelle trame di To Soothe Her Wee Bit Sorrows e in quelle incalzanti di There Is No Upside, mentre Struggle, lettera d’amore e di vita spedita idealmente da James Yorkston ai figli, si tinge persino di colori pastello e psichedelici nel tono delle chitarre. L’accennato ruolo delle voci, e la coralità avvolgente e zingaresca restituita dalla Second Hand Orchestra risaltano infine negli arrangiamenti di Choices, Like Wild Rivers e A Very Old-Fashioned Blues, un po’ come se Bonnie Prince Billy si fosse mirabilmente perso tra le brume scozzesi, sebbene il piccolo gioiello dell’intero The Wide, Wide River si intitoli A Droplet Forms, un vagare ramingo di strumenti e poesi acustica.


    


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