True Bypass
Toby
[Jezus Factory/ Audioglobe
2012]

www.truebypass.be


File Under: indie folk, pop acustico

di Fabio Cerbone (21/01/2013)

Musica uggiosa e dolcissima, per mattine in cui la nebbia non vuole proprio saperne di alzarsi dal terreno, il secondo lavoro del progetto True Bypass nasce intorno ai testi dello scrittore inglese Toby Litt, successivamente adattati alla voce di Chantal Acda, con la quale è nato un profondo rapporto di amicizia alla base della stessa collaborazione. Il direttore d'orhestra, per così dire, è invece il ruolo ritagliatosi dallo scozzese Craig Ward, l'altra metà dei True Bypass, duo dalle brume folk che aggiunge pochi orpelli alla trama diafana, un po' evenescente delle sue ballate. La casa discografica scomoda il pesante fardello di Richard e Linda Thompson e del capolavoro I Want to See The Bight Lights, forse legittimamente per attirare le attenzioni, ma siamo con tutta franchezza al limite del senso del ridicolo.

Lasciando in disparte confronti insostenibili e anche fuorvianti, Toby è preferibilmente ascrivibile a quel nuovo folk espressione degli anni duemila, dove una fragile sensibilità pop si sposa con la tradizione, mai uscendo dal recinto protettivo delle sue melodie. La voce fievole di Chantal Acda, musicista olandese trasferitasi in Belgio al seguito delle sue esperienze con Sleepingdog e Isbells (spesso da spalla in tour con Lambchop, Calexico, Iron & Wine e altri protagonisti) pennella con una sola tonalità questi trentacinque minuti di struggenti confessioni d'amore, mentre Ward, un breve passato nei dEUS prima di dare vita al progetto The Love Substitutes, ricama acustico, cercando qualche piccolo spazio di apertura per le melodie. L'effetto culla e affascina in un primo momento, salvo arenarsi in otto episodi che non hanno cambi di umore, se non impercettibili fragranze dettate da qualche strumento di contorno.

Vi sono infatti da registrare i ricami un po' "esotici" di marimba e vibrafono nella mani di Eric Thielemans, l'omnichord di Gianni Marzo e i fiati di Gerd van Mulders, scenario delicato che forma la tavolozza dei True Bypass senza intaccare la radice di brani quali You Knew e What Do You Think the Chances Are, quest'ultima tra le perle pop più cristalline del disco. Non si negherà certo tutta la grazia possibile al gioco di armonici di chitarra in Hopes Up High, così come al morbido rincorrersi delle voci in Trappers e I Cried Enough, ma l'insieme è tedioso e alla lunga stucchevole. E pensare che con quel nome - true bypass, definizione del segnale ben nota a molta effettistica dei chitarristi rock - ci si poteva aspettare una scarica di elettricità, persino un sussulto garage punk. Ci ritroviamo invece tra carezze e un brusio acustico che non riesce a scacciare del tutto la noia.


     


<Credits>