Lloyd Cole
Standards
[
Tapete Records
2013]

www.lloydcole.com


File Under: cole's standard

di Marco Denti (24/06/2013)

La genesi di Standards riassume in sé la storia, la carriera e l'indole di Lloyd Cole, enfant prodige protagonista di due bellissimi esordi, Rattlesnakes (con i Commotions) nel 1984 e l'omonimo debutto solista nel 1990, e di molti ups e altrettanti downs che l'hanno accompagnato fin qui. Quando è uscito Tempest, a chi gli aveva chiesto una recensione Lloyd Cole rispose che non era soltanto uno dei migliori dischi che Dylan avesse mai fatto, ma che aveva una carica di energia stupefacente, senza contare i 72 anni sulle spalle. Detto senza errori di traduzione, Lloyd Cole ha sentito Tempest come "un calcio nel culo". Messa da parte per un attimo la sua proverbiale autoindulgenza, si è domandato cosa sarebbe successo se avesse lavorato con la stessa passione dylaniana alla sua disordinata raccolta di versi, appunti e frammenti di canzoni.

Una questione delicata, una risposta dignitosa. Fin dalla scelta dei musicisti, Standards riparte da lontano, ovvero proprio da Lloyd Cole: Matthew Sweet al basso (un altro che dovrebbe seguire l'esempio dylaniano), l'indispensabile Fred Maher alla batteria e persino il tastierista dei Commotions, Blair Cowan. Manca soltanto Robert Quine, che nel frattempo se ne è andato, ed è sostituito alle chitarre da Mark Schwaber, Matt Cullen e dallo stesso Loyd Cole (nonché dal figlio Will), ma neanche in quattro riescono a rimpiazzarlo. L'idea di fondo di Standards, quella di recuperare le vibrazioni di un certo sound di New York, da Lou Reed in poi, rimane una promessa, una delle tante. Ci sono degli Standards dichiarati come California Earthquake scritta milioni di anni fa da John Hartford e resa nota ai più nella versione dei Mamas & Papas, ci sono degli Standards come il riff di Opposite Days, che è una variazione sul tema di Marquee Moon e comunque non è una scoperta visto che anche con i Commotions Lloyd Cole concludeva i concerti con Glory, dal secondo disco dei Television, Adventure.

C'è un piccola autocitazione di fondo in Blue Like Mars che somiglia molto da vicino a No Blues Skies (dal suo primo disco solista) e bisogna dire che una certa grazia, almeno nelle ballate, Lloyd Cole non l'ha mai persa. C'è tutto sommato un buon disco che, pur essendo persino meglio del precedente Broken Record, e di sicuro uno dei suoi migliori, fino all'ultima nota di Diminished Ex sembra volerci ricordare che per raggiungere Standards più elevati (e nemmeno quelli di Dylan, che stanno in un'altra dimensione) esiste soltanto una particolare spinta e che quel "calcio nel culo" Lloyd Cole avrebbe dovuto prenderlo o darselo molti anni fa.


     


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