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music for the night, psichedelia di
Emilio Mera (19/04/2013)
I DeSoto Caucus sono stati per ben dieci anni la band, di origine danese,
di supporto ai lavori solisti di Howe Gelb, a cominciare dal bellissimo The Listener
del 2003. Sempre in quell'anno Anders Pedersen (chitarra e voce), Peter Dombernowsky
(batteria e percussioni), Nikolaj Hayman (basso e tastiere) furono la backing
band insieme alla cantante Marie Frank della tournè europea di Gelb. Il cantante
di Tucson, preso dalla bravura e professionalità del combo, decise di assumerli
a tempo pieno per registrare i suoi lavori solisti e per riformare i Giant Giant
Sand dopo gli impegni assillanti di John Convertino e Joey Burns con i Calexico.
Mentre il loro primo album Elite Continental Custom Club (registrato nel 2006
con Mr. Gelb presente in tre canzoni) è scivolato al di fuori del radar (dovuto
ad una scarsa distribuzione), Offramp Rodeo esce per la sempre attenta
Glitterhouse, etichetta tedesca già famosa per regalarci piacevoli sorprese (vedi
Andrea Schroeder nell'anno passato ).
Il loro sound, spesso intrigante,
ha qualcosa di accattivante e magico; un suono vintage ma originale allo stesso
tempo, a volte melanconico, a volte desertico, a volte notturno con groove a tratti
diretti in altri più complessi, basati su chitarre morriconiane e vitalizzato
da organi, maracas e vibrafoni. Concepito in sette anni di viaggi tra Aarhus (una
bellissima città musicale dello Jutland danese dove tra le altre cose organizzano
un festival estivo molto interessante) e l'Arizona, Offramp Rodeo è pieno di roadsongs.
Registrato nella casa/studio del Signor Hayman, negli spazi aperti del countryside
danese, in piena solitudine, senza collegamenti con il mondo esterno e dove il
giorno si confonde spesso con la notte. Le loro trame sognanti e quasi psichedeliche
si situano da qualche parte tra gli Spain e i "Giganti di Sabbia" e
sono già evidenti nelle due tracks inizali Live In The
Stream e nella malinconica OCB.
La title track è una talking song capace di sollevarti come una piuma,
ricordando le ultime cose degli Smog e di Bill Callahan, mentre la notturna Leaving
Odessa è una delle ballate più memorabili della raccolta che ricorda
molto i Calexico, con una chitarra dal suono desertico e un finale soffuso con
hammond e tastiere capaci d'infondere brividi sottopelle. Se la suffusa Full
Moon rimanda ad alcune produzioni dei Morphine, la successiva Here's
one apre le porte a una psichedelica fatta con chitarre spianate e acide insieme
con un cantato leggiadro ed evocativo. Fire Sale
ed Even So confermano la bravura del combo con due pezzi taglienti e vellutati
tra jazz e rock intimista alla Sparklehorse. La finale Last
Call suona proprio come una chiamata finale con tanto di maracas, suoni
acustici, note soffuse e una classe sopraffina. Un piccolo grande disco, completo
e maturo, che molti chiameranno minore, da qualche parte in mezzo ai suoni mitteleuropei
e quelli del deserto di Tucson.