Endless Boogie
Long Island
[No Quarter
2013]

www.noquarter.net


File Under: psychedelic boogie rock

di Silvio Vinci (28/02/2013)

Endless Boogie è uno dei più bei dischi di John Lee Hooker, pubblicato agli inizi degli anni 70, periodo in cui il mitico bluesman aveva preso l'abitudine alla jam con strafatti musicisti californiani che davano al suo spartano e anarchico boogie un taglio psichedelico, ipnotico e lisergico. Endless Boogie è il nome della band che ho il piacere di recensire, che ovviamente prende ispirazione da quel seminale vinile, immagino consumato in probabili trip giovanili. Il sound è presto detto: boogie rock psichedelico, un impasto di ZZ TOP, Canned Heat, Foghat, garage rock alla Screaming Trees con sfumature southern heavy, il tutto condito da quel mistico approccio underground newyorkese che rende, di fatto, la band un culto che in questi giorni sta devastando in tour l'Australia dopo aver incenerito l'Europa. Long Island è il titolo del disco uscito in questi mesi del 2013, il terzo della loro carriera, superiore al già notevole Full House Head del 2010, specialmente da un punto di vista della produzione e della cura del suono.

Gli Endless Boogie sono Jesper Eklow (the "Governor") alla chitarra, Paul Major ("Top Dollar") alla chitarra e voce, Mark Ohe ("Memories from Reno") al basso e Harry Druzd alla batteria, in formazione classica e sufficiente per creare un muro ipnotico e rozzo di riff acidi che ti assalgono alla gola, per lasciare inizialmente senza respiro e alla fine in stato di trance l'ascoltatore. Il disco parte con The Savagist, inquietante già dal titolo, bestiale riff boogie, hard e acido, che ti mette subito spalle al muro, undici minuti di cavalcata psichedelica, e un cantato da cella di sicurezza. Il tempo di metabolizzare il primo trip che un secco 4/4 di batteria mette in moto il secondo giro della morte, Taking Out the Trash, prima chitarra che squarcia l'aria, basso che chiude lo stomaco e seconda chitarra che ricama con tagliente piglio Skynyrdiano, voce sempre al limite della carta vetrata e giù a correre per le praterie del boogierock. The Artemus Ward ci porta per mano nel girone dantesco dei lussuriosi: sempre ipnotico il giro di basso che acchiappa per le corna il morbido gioco rullante-charleston per un giro in LSD con il resto della ciurma.

Imprecations
è il mio brano preferito, mi porta alla memoria quei fantastici pezzi che Mark Lanegan e i fratelli Lee Conner suonavano venti anni fa, una fantastica cavalcata di wah wah e qualche variazione di accordi (un'eccezione per la band) per una lunga e metafisica traccia rock psichedelica. Occult Banker non cambia di una virgola il concetto: sempre riff ipnotico di basso e prima chitarra e pedalare fino a raggiungere un trampolino dal quale lanciarsi e trovarsi catapultati nelle stanze della santa inquisizione a subire con On Cryology (l'unico pezzo strumentale... di oltre 11 minuti) una tortura fisica con ghiaccio a lenire e anestetizzare le ferite. Chiudono il trip General Admission , ancora wah wah acido e hardboogierock, in stile George Thorogood incazzato, e The Montgomery Manuscript, ulteriore e conclusivo viaggio di 14 minuti nelle monadi dello space rock, con la voce del capelluto vocalist recitante la preghiera del sabba lisergico che chiude la danza. Inaspettato e piacevolissimo dischetto, underground di spessore, back line snella ma muscolosa quella degli Endless Boogie, che grazie a Long island ci riportano a studiare sui sacri testi del boogie rock psichedelico anni 70 con la tecnologia e l'ansia del terzo millennio. Imperdibili.


      


<Credits>