Robyn Hitchcock
Love from London
[Yep Roc/ Audioglobe
2013]

www.robynhitchcock.com


File Under: pychedelic pop magician

di Fabio Cerbone (22/02/2013)

Segnali da East London per Robyn Hitchcock, che lo scorso 28 febbraio ha celebrato i suoi primi (gloriosi e pressocchè ignorati) sessant'anni al Village Underground, circondato da alcuni dei suoi più cari amici musicisti e da una scaletta che ha pescato a piene mani da ciascuna delle singole uscite discografiche. Non è uomo da commemorazioni tuttavia il nostro Robyn, ancora desideroso di immergersi nella multiforme cultura del pop e del rock'n'roll che lo anima dai giorni dei Soft Boys. Love from London è esattamente una cartolina spedita al confuso mondo globale di oggi, tornando ad antichi amori e suggestioni, curando le ferite del caos che stiamo vivendo attraverso ballate psichedeliche e schegge di pop trasognato, che soltanto un maestro di stile come lui poteva rendere credibili.

Certo, l'aria che si respira nel nuovo album è forse più nostalgica del previsto e indubbiamente distante dall'espressività folk rock a cui si era dedicato con successo negli ultimi anni (quelli dei Venus 3 con Peter Buck e soci e di album vivaci come Olè Tarantula o Goodnight Oslo), un desiderio insomma di rovistare nel baule dei ricordi, eccedendo in toni new wave e vecchie fotografie di un epoca d'oro, tra una straniante danza per chitarre e archi in Be Still e pulsioni sintetiche in Stupefied che paiono sbucare da qualche session perduta di Fegmania, Element of Light o Globe of Frogs. Tornano insomma gli anni 80 nel dna di Hitchcock, con qualche guizzo in salsa lisergica che rende Devil on a String e I Love You episodi accattivanti per gli affezionati sostenitori del periodo con gli Egyptians, ma anche con l'impressione di una giustificabile stanchezza compositiva, o meglio un farsi il verso da solo che a volte rende troppo esplicite le citazioni e i rimandi al passato.

Non è un affato un disco da buttare Love from London - prodotto dal bassista Paul Noble, con le partecipazioni di Jenny Adejayan, Lizzie Anstey e delle voci di Jenny Macro, Lucy Parnell e Anne Lise Frokedal - ma certo rimane un episodio un po' irrisolto in una discografia ricca e variopinta come quella di Hitchcock: ha il perfetto carattere demodè per suscitare amori sopiti (magari di chi non aveva apprezzato troppo il flirt acustico e "americano" di dischi quali Spooked), ma al tempo stesso non riesce a non apparire a volte fuori tempo massimo (siamo sicuri che Strawberries Dress e Death & Love siano state registrate nel 2013?), magari tentando goffamente di graffiare con le spirali elettriche di Fix It. Considerato che, banalmente, la classe non è acqua, è pur vero che la pianistica, "lennoniana" Harry's Song in apertura scoglie ancora il cuore e i lfinale da cappellaio magico di End of Time è una lezione di pop psichedleico in piena regola. È troppo poco però per togliere Love from London dall'elenco degli episodi minori della sua carriera.


     


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